Godzilla vs. Kong recensione film di Adam Wingard con Rebecca Hall, Millie Bobby Brown, Alexander Skarsgård, Brian Tyree Henry e Eiza González
Kong non si inchina a nessuno.
(Rebecca Hall in Godzilla vs. Kong)
Quanto e più di Tenet, Godzilla vs. Kong ha simboleggiato la rinascita delle sale cinematografiche nel mercato più importante al mondo e la riappropriazione da parte degli appassionati delle proprie passioni ed abitudini di consumo, restituendo alla sala la sua essenza e nobiltà come luogo di usufruizione del cinema e la sua funzione sociale come luogo di aggregazione e condivisione.
La presenza di due icone leggendarie del cinema dei mostri amatissime nella cultura popolare come Godzilla e Kong ha fortemente contribuito ad attrarre lo spettatore nel rivivere lo stupore e il tripudio delle immagini nel buio della sala: al resto ha pensato una pellicola visivamente spaventosa che al motto squadra che vince non si cambia ripropone l’accoppiata agli effetti speciali e alle musiche di Zack Snyder’s Justice League, rispettivamente John DesJardin e Tom Holkenborg alias Junkie XL.
Le creature, come le persone, possono cambiare.
(Kaylee Hottle in Godzilla vs. Kong)
La mitologia della rivalità al centro dello scontro tra i due titani alfa che si sfidano per la supremazia e l’onore mentre l’uomo trama per ritornare all’apice della catena alimentare: l’esile sceneggiatura di Eric Pearson e Max Borenstein non si affanna nel dare spiegazioni sulla smisurata crescita di Kong che adesso eguaglia Godzilla in statura o sulle vicende occorse nei tre anni di assenza di quest’ultimo, o di raccontarci la backstory della piccola protagonista Jia, l’esordiente Kaylee Hottle, tagliando corto nella narrazione umana degli eventi, dal viaggio di Kong verso l’Antartide al rintracciamento immediato dell’irrintracciabile podcaster complottista infiltrato nella APEX Cybernetics Bernie (Brian Tyree Henry) da parte di Madison (Millie Bobby Brown) e Josh (Julian Dennison).
In attesa che possa avverare il suo sogno rappresentato da film live action per soli mostri senza attori in carne ed ossa, il cinema appassionato di Adam Wingard si mostra devoto all’intrattenimento genuino ed ingenuo senza troppo sfaccettature, non riuscendo ad aggiungere layer emotivi attraverso la componente umana o immaginaria, privo delle note emozionali di altri virtuosi dei grandi set del cinema d’azione ricco di effetti speciali visivi come Michael Bay o lo stesso Gareth Edwards che con il primo capitolo del MonsterVerse, Godzilla del 2014, aveva stupito conquistando poi la regia dell’altrettanto apprezzato Rogue One: A Star Wars Story, considerata la migliore opera recente dell’universo Star Wars.
Godzilla non è il nemico.
(Kyle Chandler in Godzilla vs. Kong)
Wingard ricerca con ammirevole passione l’espressività nei suoi mostri avvicinandosi alla visuale dei monster movie giapponesi, a suon di primi piani e combattendo persino con TOHO pur di regalare a Godzilla delle espressioni umane compreso un breve ma percettibile ghigno di soddisfazione, riducendo le componenti umane e narrative ai minimi termini per focalizzarsi sull’intensità delle scene d’azione, visivamente sorprendenti, tripudio di effetti speciali goduriosi realizzati da Weta Digital, Scanline VFX, MPC e Luma Pictures, supervisionati come già scritto dall’asso John DesJardin a cui saremo sempre grati per averci restituito Zack Snyder’s Justice League.
Nell’epica dello scontro che determina chi si inchina a chi, da Skull Island fino al centro della Terra Cava o Hollow Earth passando per i ghiacci dell’Antartide, tra la fonte di energia vitale che alimenta i titani, fenomeni di inversione gravitazionale e i resti di King Ghidorah sfruttati dalla bramosia dell’uomo per dare vita al mostro da incubo Mechagodzilla, poco importa che in pochi istanti campioni energetici unici vengano clonati e Godzilla buchi il pianeta Terra fino alle sue viscere – dove il problema non è solo il come, quanto il perché non venga data rilevanza ad un evento che ci presenta i poteri di Godzilla innalzati a nuovi livelli, in attesa che magari anche al cinema si spinga fino all’Inferno -, il focus rimane sempre e saldamente solo sulle sequenze d’azione del combattimento tra i due mostruosi kaiju, al punto da farcene osservare ed apprezzare punti di forza e di debolezza: la forza delle braccia e l’agilità di Kong, la debolezza degli arti superiori di Godzilla compensati dalle tremende fauci, dalla coda tagliente e dalla potenza della sua energia atomica.
Un epilogo apprezzato anche perché inatteso e definitivo sugli equilibri di forza tra i due titani va a sommarsi alla notevole spettacolarità visiva e ad una buona dose di intrattenimento nel rendere giustizia al tanto atteso scontro che restituisce vigore al MonsterVerse di Warner Bros. e Legendary Pictures dopo l’opaco Godzilla II – King of the Monsters… in attesa del prossimo capitolo.
Adoro le idee folli. Mi hanno reso ricco.
(Demián Bichir in Godzilla vs. Kong)