Gualtiero Cannarsi difende l’adattamento di Neon Genesis Evangelion dopo la decisione di Netflix di rimuovere il doppiaggio italiano. La posizione dei Fan, di Netflix e Studio Ghibli
Bisogna rendersi conto che gli autori possono deliberatamente fare delle cose complicate.
E non sta ad un traduttore, ad un adattatore semplificarle per un pubblico diverso. Anche le complicanze vanno riprodotte per quello che sono. Gualtiero Cannarsi
Prima di lasciarvi all’esaustivo articolo di Ludovica, una breve riflessione sul ruolo del fandom, di Netflix e di Studio Ghibli.
In occasione del 30esimo anniversario di Studio Ghibli, quest’ultimo e Lucky Red hanno realizzato una collana celebrativa con i dieci capolavori del maestro Hayao Miyazaki, seguiti poi dagli altri 11 film dello Studio. Lucky Red e Studio Ghibli si sono rivolti a Gualtiero Cannarsi per il nuovo adattamento delle opere.
Lucky Red ha dichiarato a La Stampa (Gianmaria Tammaro) di essersi rivolta a Cannarsi «perché ci è stato suggerito da un gruppo di fan». Affermazione che suona abbastanza ironica, visto che proprio il fandom di Miyazaki ha sollevato perplessità e polemiche sui nuovi adattamenti. Fandom che è rimasto inascoltato e si è piegato ai voleri dell’editore.
La mia impressione è che, come negli ultimi 10 anni le opere del maestro Hayao Miyazaki siano improvvisamente divenute mainstream, allo stesso modo, ed in modo anzi molto più amplificato, Neon Genesis Evangelion distribuito da Netflix abbia raggiunto il grande pubblico e la polemica sia divampata sui quotidiani e sui siti specializzati proprio perchè Netflix è un trend topic che richiama enorme interesse e molte fonti di informazione non si sono fatte pregare per accendere la miccia della polemicona estiva.
Se la posizione del fandom non cambia, qualche perplessità sul ruolo degli editori: Lucky Red e Studio Ghibli hanno a suo tempo sostanzialmente ignorato la questione, Netflix ci ha scherzato su rimuovendo in corsa il doppiaggio italiano.
L’impronta di Gualtiero Cannarsi – che, scrivo da fan Ghibli, mi sembra abbia un approccio che, in nome della fedeltà, piega la lingua italiana alle espressioni della lingua e della cultura giapponese – è assolutamente conosciuta a livello nazionale sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori. Come si è dunque arrivati a questo? Buona lettura. (Marco)
“Io ho il dovere di capire, il pubblico no.” Il dibattito tra senso e fedeltà di Gualtiero Cannarsi.
Fruibile o non fruibile? Questo è il dilemma.
A cura di Ludovica.
A poco più di una settimana dall’uscita della serie Neon Genesis Evangelion su Netflix, l’opera ha assistito a così tante peripezie da poterci riscrivere sopra le “Mille e una notte”, con i dovuti adattamenti, che sia chiaro.
Prima di iniziare, facciamo un passo indietro. Cos’è Neon Genesis Evangelion e qual è la sua storia? NGE è una serie anime creata nel 1995 dallo studio Gainax, un noto studio d’animazione giapponese, diretta da Hideaki Anno. Successivamente, nel 1997, l’attuale Dynamic Italia, editore italiano di anime e manga, creò la prima edizione italiana di NGE, la cui cura e direzione del doppiaggio venne affidata a Fabrizio Mazzotta e Gualtiero Cannarsi.
Per la maggior parte degli appassionati di anime e manga, Neon Genesis Evangelion è un’opera estremamente importante, caratterizzata da una profonda introspezione psicologica dei personaggi e da chiari riferimenti religiosi. A detta di alcuni, persone di tutte le età potrebbero guardare l’anime e trarci insegnamenti di diverso tipo. Insomma, un’opera con i controfiocchi.
Ma, allora, a cosa si riferiscono le critiche sentite e lette ovunque (e chi dice il contrario mente)? Nonostante Mazzotta e Cannarsi abbiano ammesso di aver commesso qualche errore nel primo adattamento, la prima edizione italiana di NGE fu accolta molto bene dal pubblico italiano.
Poi cosa è successo?
La piattaforma Netflix ha acquisito i diritti per lo streaming della serie e il 21 giugno 2019 è uscita la seconda edizione dell’anime con la direzione del doppiaggio affidata sempre alla coppia Mazzotta-Cannarsi. D’altronde, squadra che vince non si cambia, no?
Ebbene, questa volta non è stato proprio così.
Questa seconda edizione italiana è stata fortemente criticata dai suoi fruitori, ma al di là dei giudizi del pubblico, sono importanti le parole e le motivazioni della persona coinvolta in prima persona: Gualtiero Cannarsi.
Astromica, casa editrice e piattaforma che distribuisce fumetti inediti in streaming digitale, ha organizzato una live di tre ore con Gualtiero Cannarsi per discutere e confrontarsi sul nuovo adattamento di Neon Genesis Evangelion, che potete trovare di seguito:
Al di là delle questioni sui singoli termini come “Apostoli” al posto di “Angeli” o “restaurare la macchina”, invece di “riparare”, che Cannarsi giustifica, ed è irremovibile su questi punti, come errori dettati dall’inesperienza della prima edizione, il fulcro del dibattito è stato la fruibilità dell’opera.
L’adattamento, secondo il pensiero comune, significa riportare, nella forma più completa possibile, un’opera, letteraria o cinematografica che sia, dalla lingua straniera alla lingua madre cercando di mantenere le sfumature, le intenzioni, le storie, le emozioni che l’autore voleva esprimere originariamente; per fare ciò bisogna “tradire” le parole e andare a favore del senso.
Ebbene, Gualtiero Cannarsi, affermato adattatore noto per il suo particolare modo di esprimersi e far esprimere i personaggi, la pensa esattamente all’opposto; Cannarsi, infatti, è avvezzo a voler riportare perfettamente il linguaggio e la cultura giapponese negli adattamenti italiani a discapito della comprensione del pubblico, che non sente nelle parole dei personaggi adattati da Cannarsi un italiano naturale, al contrario, avverte molte forzature.
Lasciando intendere la sua inclinazione al sacrificio della comprensione comune, Cannarsi afferma durante la live “Io ho il dovere di capire (riferendosi all’opera), il pubblico no. Come non se ne è preoccupato l’autore, non devo farlo io.” E ancora “Il mio ideale referente è il testo originale, non il pubblico.” In altre parole, non rende conto del pubblico al quale è destinato il suo lavoro (il pubblico italiano, molto differente da quello giapponese), ma resta fedele all’opera stessa, quasi letteralmente.
Inoltre, come è noto ormai da tempo, quello della traduzione e dell’adattamento è un mestiere ingrato perché meno si nota l’intervento di una persona sulla trasposizione di un’opera, più questa risulta essere di un certo livello. Eppure, come affermato da molti, il marchio di Gualtiero Cannarsi è ben presente nelle opere curate da lui, che dichiara con orgoglio di essere l’unico a lavorare così.
L’adattatore ribadisce che il suo scopo è quello di “rendere un servizio all’opera piuttosto che al pubblico” e non transige sul fatto di dover riportare la cultura e il linguaggio giapponese nell’adattamento italiano anche, come si è visto, a scapito della grammatica e della sintassi italiana contemporanea e, quindi, di una buona fruibilità del prodotto.
Ma quanti davvero avranno capito il senso più profondo dell’opera, le emozioni che vivono i personaggi con i quali dovremmo essere in simbiosi durante la visione di fronte a frasi come “ci è giunto comunicato che hanno già completato di prendere rifugio” o “nessuna recalcitranza” o ancora “s’è fatta guerra in modo talmente vistoso che era dentro la città”?
Alla fine, tutto è bene quel che finisce bene ed è notizia di ieri che Netflix ha ritirato dalla piattaforma questa seconda edizione ed è decisa ad adattarne una nuova, stavolta senza il contributo di Cannarsi.
Ma il dibattito rimane. Sacrificare il senso a favore delle parole o sacrificare le parole per andare incontro al senso? Il pubblico a cui è rivolto l’adattamento è da considerare oppure no? L’opera, senza un pubblico, può esistere?
Ludovica