Here recensione film di Bas Devos con Stefan Gota, Liyo Gong e Teodor Corban
Un uomo (Stefan) e una donna (Shuxiu), che non si conoscono, conducono due vite diametralmente all’opposto, ma forse il destino per loro ha in serbo un appuntamento del tutto speciale. L’amore come si sa può arrivare da un momento all’altro, prevedere la scintilla che scateni questo cortocircuito tra anime diverse è quasi impossibile. Per assurdo è più facile intercettare il momento in cui una relazione amorosa sta volgendo al termine.
Bas Devos, regista noto ai principali festival europei e in particolar modo alla Berlinale, con Here ci introduce in un microcosmo governato dalla passione e dall’amore, dove non esistono oppressioni o guerre di alcun tipo. Ciò che conta davvero è l’unione tra diversi popoli ed etnie, non importa da dove “tu” provenga, ma chi sei realmente. È bello vedere come all’autore di Ghost Tropic e di Hellhole non interessi più di tanto l’etnia dei protagonisti, quanto il porre le relazioni umane al primo posto.
Devos dunque con Here sembrerebbe mettere in scena una storia esile e già vista (tanti sono i film che narrano di persone sconosciute e dei loro primi incontri), in realtà è intrisa di romanticismo, tuttavia senza risultare mai smielata o troppo forzata nel racconto per immagini che lo stesso regista imbastisce durante lo svolgimento narrativo. Non di meno si potrebbe dire della durata, appena 80 minuti, ma Devos è abile nel condensare in un esiguo minutaggio ogni elemento che ritiene importante ai fini della riuscita finale del film.
Incontri fugaci e momenti di rara bellezza visiva la fanno da padrone in questo racconto breve, ma non per questo meno coinvolgente rispetto all’epopee narrate in lungometraggi con durate di proporzioni bibliche che a volte si incespicano nel raccontare un qualcosa di semplice, quando basterebbero pochi dettagli affinché torni ogni filo del discorso.
Here funziona proprio grazie all’essere conciso e diretto con quasi nessun momento di stanca, dove si prediligono brevi ma intensi dialoghi, allorchè sono presenti sublimi silenzi a colmare il resto. Neppure la presenza talvolta ingombrante dell’estetica visiva (la pioggia che scende in maniera impetuosa mentre il personaggio maschile sta seduto in disparte all’intero di una tavola calda cinese, le foglie che si muovono quasi a tempo di danza, le mani dei due protagonisti che si sfiorano nel culmine della narrazione), tendente a quel noioso perfezionismo di alcune produzioni marcatamente indipendenti, fa si che il lavoro di Devos perda di sostanza ma soprattutto di coerenza con quanto narrato in precedenza.
Grande merito va riconosciuto a Devos e a tutto il team di lavoro di questo suo nuovo lungometraggio: era più facile risultare prevedibili vista la storia raccontata che non il contrario. Ciò significa essenzialmente che è il modo in cui si sviluppano le storie che dovrebbe interessare chi si occupa della realizzazione, poichè basta un niente per affossare un’intero arco narrativo con premesse convincenti.
Devos ci invita a lasciar scorrere i nostri sentimenti e a vedere il mondo sotto una prospettiva utopica, eppure non del tutto irrealizzabile. Ognuno di noi può rendere la Terra un posto migliore nel proprio quotidiano, basta semplicemente volerlo. Dopotutto non può piovere per sempre…
Here rappresenta alla perfezione la pellicola da non lasciarsi sfuggire per nessuna ragione al mondo, poiché parla in linea diretta a noi essere umani.