Host recensione del film horror di Rob Savage con Haley Bishop, Jemma Moore, Emma Louise Webb, Radina Drandova, Caroline Ward e Seylan Baxter
Host sarà forse il film definitivo in tempi di Covid-19?
La storia è semplice: in pieno periodo di confinamento, un gruppo di amici si riunisce per svolgere una seduta spiritica tramite Zoom. Tra connessioni che non funzionano, battute tra ragazzi e prese in giro l’atmosfera si infittisce quando qualcuno (o qualcosa) si unisce alla riunione. Ovviamente qualcosa non va per il verso giusto e tutto ciò che accade successivamente viene raccontato tramite la videochiamata.
Host è una piacevole sorpresa in questa stagione, fortemente contemporanea e piacevolmente classica che raggiunge il suo scopo: spaventare lo spettatore.
Il regista inglese Rob Savage utilizza gli elementi a disposizione (screen, filtri e cellulari e pc come telecamere) e, soltanto verso la fine, fa ricorso ai colpi di scena tipici dell’horror convenzionale. La pandemia di COVID-19 e il lockdown non sono altro che brevi riferimenti che fanno da sfondo creando un contesto di separazione e reclusione che condizionerà la vulnerabilità dei personaggi.
Una volta presentati i protagonisti – con sufficienti sfumature nonostante la velocità – il film sembra mostrare sullo schermo una raccolta di cliché e di luoghi comuni: dalle ombre che si muovono alle porte che si aprono da sole. Il regista gestisce con astuzia e bravura plasmando progressivamente un’atmosfera tesa e soffocante con la semplice tecnologia disponibile. Gioca con i primi piani, con i silenzi e con le stanze vuote e concentra il terrore nello sguardo e negli occhi dei partecipanti.
L’efficacia di questo cinema, che potremmo definire low cost, è stata ampiamente dimostrata in diverse occasioni da Paranormal Activity al raffinato Unfriended o Searching.
Host non è un capolavoro né un film rivoluzionario, ma un ottimo biglietto da visita per un regista che ha carpito perfettamente l’essenza di questo buio momento storico grazie a un piccolo gioiello concepito attraverso Zoom. Questo a dimostrazione che non servono grandi budget o ingenti risorse se l’idea è originale e valida.
L’intelligenza della pellicola – distribuita in streaming sulla piattaforma Shudder – risiede nel fatto che, verosimilmente, sia stata pensata per essere vista proprio su un pc, catapultando lo spettatore all’interno del web. Una storia nata e creata nel bel mezzo di una pandemia. Oltre alle specifiche paure della società contemporanea, aggiunge un nuovo elemento impossibile prima dell’era digitale: l’esperienza immediata.
La piattaforma delle riunioni virtuali divenuta famosa in tutto il mondo durante la quarantena assurge qui a scenario terrificante. Host fa appello alle paure in cui tutti noi siamo immersi durante questo isolamento forzato. Si svolge lungo il limite massimo consentito da Zoom, tenendo lo spettatore col fiato sospeso e facendoci riflettere bene prima di partecipare alla prossima riunione video con gli amici.