I Am Heath Ledger recensione del documentario su Heath Ledger diretto da Adrian Buitenhuis e Derik Murray sull’artista scomparso il 22 gennaio 2008
“Che sta succedendo? Non dovremmo essere qui, tutto questo non ha senso, Heath amava la vita.”
(I Am Heath Ledger)
Comincia così, con le forti ma sensibili parole di Ben Harper, il documentario dedicato a Heath Legder uscito nel 2017. Il documentario diretto da Adrian Buitenhuis e Derik Murray ci permette di conoscere un po’ meglio la figura di questo artista mancato prematuramente il 22 gennaio del 2008, a soli ventotto anni. Di solito quando viene girato un documentario su un artista morto in modo misterioso, tragico e/o prematuramente, ci si aspetta di vedere una sfilata di star commosse o di scoprire qualche aneddoto scomodo che ne aumenti la leggenda o il mito. Fortunatamente i registi hanno optato per qualcosa di diverso. Se vi aspettate succose rivelazioni sulla maledizione del Joker, che ha fomentato l’immaginario di media e fan e che avrebbe preso tanto Legder da farlo entrare in depressione o impazzire, allora non è il documentario che fa per voi.
I Am Heath Ledger: raggi di sole oltre la nebbia
I registi ci accompagnano per mano, attraverso diverse testimonianze, in un racconto della vita di Heath Ledger dall’infanzia fino alla sua morte, attraverso le parole di persone a lui molto vicine, parenti stretti come la madre, il padre e le sorelle, gli amici d’infanzia e intimi (Ben Harper, Matt Amato, N’fa, Trevor di Carlo ecc), i suoi ex amori (Naomi Watts e Christina Cauchi), il suo manager, alcuni registi tra cui Ang Lee che ha contribuito, grazie a I segreti di Brokeback Mountain, a lanciarlo verso la maturità artistica e la fama mondiale, e tanti altri ancora. Ciò che colpisce di più di questa pellicola è la tenerezza, la semplicità e la vibrante carica con cui viene raccontata la vita di Ledger, il tutto accompagnato da foto e video inediti realizzati dallo stesso attore, perché qui non ci sono solo testimonianze di terzi, bensì anche quelle realizzate da Heath.
Durante la visione si scopre ben presto che accostare l’iconica figura del mito a Ledger stona e parecchio, si mostra invece l’immagine di un uomo carismatico, semplice, generoso, pieno d’idee, curioso e profondamente innamorato dell’arte in ogni sua forma, soprattutto per la fotografia, la regia e la musica di cui era particolarmente appassionato.
Si delinea meglio la figura di un uomo che era sempre in cerca di superare i propri limiti professionali, di sperimentare tanto da cominciare a dirigere video musicali per i suoi amici, tappa che gli sarebbe servita come esperienza per il film che avrebbe dovuto girare dopo aver concluso le riprese di Parnassus, di uno studioso attento al background e alla caratterizzazione dei personaggi che interpretava, e soprattutto di una persona che non aveva di certo paura dello spietato circo di Hollywood, cercando il più possibile di non farsi manovrare da quella macchina infernale, ma di scegliere, secondo la sua crescita personale, cosa fare e come farlo.
Non c’è spazio per i drammi in questo documentario, poiché la fosca nebbia misteriosa che aleggia sulla figura di Ledger viene spazzata via da raggi solari nei racconti delle persone a lui care e nelle riprese video realizzate dallo stesso attore. Un racconto che in parte sembra costruito dallo stesso Heath grazie alla sua maniacale voglia di riprendere e fotografare ogni istante della sua vita, come a immortalare per sempre quell’attimo d’incertezza o felicità che aveva fuori o dentro il set.
Se c’è una cosa che ci resta alla fine di questo documentario, è che Ledger non perdeva tempo, sfruttava ogni istante della sua vita a fare qualcosa di costruttivo lasciandoci in ricordo ben diciannove interpretazioni sul grande schermo, partecipazioni in quattro serie televisive, cinque video musicali realizzati in veste di regista e tanto altro ancora.
I Am Heath Ledger non è stato realizzato per farci versare valle di lacrime, ma non possiamo rimanere inermi davanti a un Ledger che si autoriprende mentre gira su se stesso con le braccia spalancate al mondo e alla vita, il tutto accompagnato dal brano dei Bon Iver, Perth, dedicato proprio a quest’uomo pervaso da un grande senso di umanità e gentilezza. Proprio per questo una piccola lacrimuccia solca le nostre guance, perché qui si va oltre l’iconica interpretazione del Joker, qui si rimpiange un artista che ci avrebbe potuto regalare ancora tante emozioni sia come attore, sia come regista. Una pellicola imperdibile per coloro che amano questo artista, ma anche coloro che lo conoscono poco ne saranno amabilmente sorpresi e inteneriti.