I WeirDO recensione film di Liao Ming-yi con Nikki Hsin-Ying Hsieh e Austin Lin in anteprima mondiale al Far East Film Festival 2020
Dio ci ha dato l’ODC per farci innamorare.
(Chen Ching in I WeirDO)
A distanza di quattro anni dal successo di At Café 6, presentato al Far East Film Festival 2016, Liao Ming-yi torna in anteprima mondiale per la ventiduesima edizione del festival con una commedia romantica ambivalente, che oltre a sorprendere, mostra anche le potenzialità di un mezzo come l’iphone, usato in questo caso come sostitutivo della macchina da presa classica come già sperimentato da altri registi in titoli celebri quali
Unsane (2018) di Steven Soderbergh e Tangerine (2015) di Sean Baker.
Lui, Chen Po-ching, “strambo” ragazzo affetto da disturbo ossessivo compulsivo, misofobico, pulisce e sanifica il proprio appartamento fin troppe ore al giorno, fa il traduttore ma è lentissimo nel digitare alla tastiera e conduce una vita perfettamente monotona scandita da una lista di cose da fare.
Lei, Chen Ching, similmente “stramba”, condivide lo stesso disturbo, ma è campionessa di dattilografia e ogni tanto sente l’urgenza di compiere qualche furtarello.
Hanno entrambi lo stesso stile, le stesse fobie, la stessa età.
Sono inevitabilmente destinati ad incontrarsi, innamorarsi e cercare di convivere assieme, fino a quando uno dei due non cambierà improvvisamente.
C’è un pizzico di critica sociale in questa freschissima pellicola, dove l’inquinamento elevato di Taiwan crea allergie alla pelle, lo street food non sembra essere una scelta poi così tanto igienica e rubare nei supermercati non risulta essere troppo complicato.
A tratti si sorride, spesso si ride di gusto, per poi ritrovarsi con le lacrime agli occhi se si è particolarmente sensibili e con un grande punto interrogativo in mente verso la fine, punto di divisione tra il pubblico che non sempre ama il plot twist, una scelta azzardata ma che rende questo film ancora più interessante.
I Weirdo appare un perfetto mix tra l’estetica ragionata e precisa di Wes Anderson e una sorta di Sliding Doors asiatico; per metà è girato in un formato 1:1 verticale che sembra richiamare lo schermo dello smartphone, per poi cambiare all’improvviso aprendosi a schermo intero ed introducendo la restante metà dell’opera, quando la narrazione prende una piega del tutto drammatica abbandonando i toni ironici e assurdi della prima parte, mostrando come anche nella più perfetta delle coppie possa rompersi l’equilibrio interno e la relazione finisca per non essere ciò che tanto ci si sarebbe aspettato.