Il Cardellino recensione del film di John Crowley con Ansel Elgort, Nicole Kidman, Finn Wolfhard, Sarah Paulson, Luke Wilson e Jeffrey Wright
Ci sono film che si limitano a raccontare una storia seguendo specifici canoni, rimanendo fedeli a un singolo genere cinematografico. Solitamente i risultati sono tutto sommato positivi, perché seguono un percorso definito e solcato da molti altri in passato. Poi, invece, ci sono film che vogliono andare oltre, raccontare mille storie in una, variare con lo svolgere degli eventi, in una sorta di sinfonia molto complessa da gestire e da condurre. La maggior parte delle volte chi segue questa strada rimane impantanato, sopraffatto da fattori che difficilmente possono essere tenuti insieme, vicini l’un l’altro. Il Cardellino (The Goldfinch), diretto da John Crowley, è uno dei pochi superstiti a questa tratta infame, così pregna di vittime da essere diventata un lugubre cimitero cinematografico.
Il film racconta la tragica storia di un ragazzo, Theodore, sopravvissuto a un attacco terroristico dinamitardo al Metropolitan Museum di New York. Ritrovatosi orfano (la madre è morta nel medesimo evento, mentre il padre se ne è andato da anni), deve imparare a farsi strada nel mondo e a reagire alla vita a testa alta. Raccontato così, il film non sembra nulla di particolare, ma la svolta arriva con l’avanzare del film. I registri si susseguono come un treno, si accavallano, si compensano. Un momento prima il film è un racconto di formazione e quello dopo un giallo, per poi diventare un dramma nella forma più pura del termine. La scelta vincente di Crowley è stata quella di enfatizzare talmente tanto le differenze narrative presenti da far pensare al film come qualcosa di estremamente sconnesso, eppure profondamente coerente e unificato. Lo spettatore viene sommerso da tanti “flash” di vita. È come guardare una miriade di diapositive scorrere sullo schermo senza soluzione logica. E il risultato finale è sorprendentemente totalizzante.
A sostegno del comparto tecnico, veramente di alto livello (soprattutto grazie alla direzione della fotografia da parte del premio Oscar Roger Deakins), troviamo una rosa di attori veramente stupefacente per un film in uscita sul mercato nazionale esclusivamente attraverso il supporto digitale. Ansel Elgort convince ancora più che in passato, ma a stupire sono i “giovanissimi”, ovvero Oakes Fegley e Finn Wolfhard (che molti riconosceranno per il ruolo di Mike in Stranger Things). A spingere molto il ritmo del film contribuiscono anche le performance più “navigate” di Nicole Kidman, Luke Wilson, Sarah Paulson e, soprattutto, Jeffrey Wright, perfetto nel ruolo del mentore antiquario.
Non è facile far coincidere così tanti aspetti differenti, così tante “visioni” in un film, ma Il Cardellino è la prova che un cinema ibridato in se stesso è senz’altro possibile, se attuato con cognizione di causa e non solo per cercare “un punto di vista alternativo” su una storia più e più volte raccontata.