Il delitto Mattarella recensione film di Aurelio Grimaldi con Antonio Alveario, Claudio Castrogiovanni, Nicasio Catanese, David Coco e Francesco Di Leva
Nel cartellone di una qualsiasi stagione teatrale, c’è una parte della programmazione che viene presentata sotto il nome di ‘teatro civile’, al cui interno vengono presentati tutti quegli spettacoli che trattano esclusivamente tematiche storiche e sociali, contemporanee o passate, il cui fine principale è investire gli spettatori non soltanto con l’intrattenimento ma anche con una buona dose di coscienza del mondo in cui vivono. Il delitto Mattarella farebbe la sua figura in un cartellone del genere, con la poco nota storia di Piersanti Mattarella, membro di spicco della Democrazia Cristiana e presidente della regione Sicilia, ucciso il 6 gennaio del 1980 con una serie di colpi di pistola a Palermo.
Aurelio Grimaldi mostra la polvere nascosta sotto al tappeto di una pagina nera della recente storia italiana non andando troppo per il sottile e dicendo le cose come stanno. Stavolta non si tratta però di un banale proclama autocelebrativo, quanto di mostrare nomi, cognomi e fattezze degli attori dimenticati della cronaca politica.
In un intreccio ideale con Il Divo di Paolo Sorrentino, il regista siciliano cerca di dipanare i fili che compongono un’ingarbugliata vicenda che vede coinvolti contemporaneamente mafia, politica, Nar e neofascisti, banda della Magliana, Gladio e Servizi Segreti lasciando parlare fatti, sentenze e testimoni (come Bernardo Mattarella, figlio di Piersanti, che ha contributo alla riscrittura di alcuni passaggi del film). La necessità di una storia del genere entra presto in conflitto con la struttura cinematografica che la contiene. Il delitto Mattarella prova ad essere contemporaneamente documentario, finzione, accusa e saggio storico-politico non riuscendo a dare spessore e calore ad una vicenda che è già stata a lungo consegnata all’oblio.
A poco vale la presenza di un cast estremamente variegato nella sua sicilianità (Tony Sperandeo, Leo Gullotta, David Coco, Donatella Finocchiaro, Sergio Friscia, Tuccio Musumeci e Andrea Tidona) per radicare nello spettatore il dramma e l’urgenza di una presa di coscienza storico-politica. Se l’intenzione è magnifica e se è vero che c’è sempre bisogno di ricordare la propria storia, è un peccato che l’unico faro che si accenda su di essa sia anche quello che non le renda la dovuta giustizia.