Il discorso perfetto recensione film di Laurent Tirard con Benjamin Lavernhe, Sara Giraudeau, Kyan Khojandi, Julia Piaton e Francois Morel
Che il cinema degli ultimi anni sia andato un po’ a rilento non è di certo una novità. Le produzioni più piccole hanno risentito moltissimo della mancanza di accessi alla sala. Molte distribuzioni hanno, dunque, preferito aspettare più del dovuto per poter far approdare le proprie pellicole al grande schermo. Il discorso perfetto rientra proprio tra questi casi.
Film francese del 2020 di Laurent Tirard, selezionato sia a Cannes che alla Festa del Cinema di Roma di quell’anno, finalmente sta per vedere la luce di un proiettore. Arriverà, infatti, nelle sale italiane il prossimo 10 febbraio.
L’opera trasporta il suo pubblico all’interno delle elucubrazioni mentali del suo protagonista. Adrien (Benjamin Lavernhe) è un uomo di trentacinque anni che, durante una lunga cena di famiglia, viene invitato dal cognato a tenere il discorso per il matrimonio della sorella. Da questa proposta, infatti, iniziano a delinearsi tutti i possibili e diversi scenari che la mente di Adrien riesce a creare. La sua fantasia prende facilmente il volo ripercorrendo persino la sua storia d’amore con Sonia (Sara Giraudeau), la ragazza che tanto ama e che attende per via della pausa imposta alla sua relazione.
Lo svolgimento della cena, dunque, è interrotto dal flusso di coscienza e dai voli pindarici che Adrien fa in attesa della risposta di Sonia ad un SMS. Il piano della narrazione, dunque, rompe il normale flusso della diegesi. Si assiste, dunque, a una continua interruzione e ripresa dell’attimo verticale (la cena) con quello orizzontale (costituito dalla ricostruzione dei fatti di Adrien).
Attraverso l’ansia si manifestano tutte le prospettive più paradossali; tutti gli scenari più catastrofici nei quali Adrien si immagina a rovinare le nozze della sorella per colpa delle parole che pronuncerà una volta preso il microfono in mano. Delle parole che sono prive di senso, piene di cinismo e di attesa, la stessa attesa posta tra lui e l’amore per Sonia.
La comicità del film, dunque, viene scandita proprio da tutti i processi mentali che vengono sviscerati sullo schermo.
Il discorso perfetto è una pellicola che punta a far ridere attraverso una commedia quasi di stand up. Si punta molto sul monologo e sulla costruzione che vi è nel background della vicenda sulla quale l’attenzione dello spettatore verte. Dal contesto di partenza, in un attimo, ci si sposta dalla cena verso l’evasione mentale. Un aggancio che, quindi, permette ad Adrien di vagare con la propria testa in tutti gli scenari che è in grado di confezionarsi. Il rapporto con i singoli personaggi, con i familiari in particolare, diviene situazionale e legato alla battuta; proprio come succederebbe negli spettacoli di stand up comedy. Il protagonista col suo monologo racconta aneddoti che ci permettono di conoscerlo un po’ meglio, ridendo delle sue disavventure e sorridendo davanti al paradosso situazionale.
Quello diretto da Laurent Tirard è, quindi, un film che riesce ad intrattenere e a insegnare un qualcosa in più sull’amore e sulle esperienze che si possono fare attraverso gli attimi vissuti in nome di questo grande sentimento.