Il faraone, il selvaggio e la principessa recensione film di Michel Ocelot
Una narratrice dai candidi toni azzurri, un gruppo di ascoltatori di cui si vedono solo le ombre nere. Tre storie ambientate in tre epoche e tre mondi diversi: una nell’antico Egitto, un’altra nell’Alvernia medioevale, l’ultima nella cerchia ottomana dei palazzi turchi del diciottesimo secolo.
Con Il faraone, il selvaggio e la principessa il regista e animatore Michel Ocelot illustra con quella semplicità tipica delle cose note, quasi a volerci dimostrare che non servono poi tanti fronzoli quando il messaggio che vuoi veicolare è alla base della narrazione e non nella visione della stessa. Questo però non va a scapito della bellezza che arricchisce ognuna delle tre storie, con una differente caratterizzazione dei toni e dei colori dando a ciascuna di esse una personalità indipendente.
Quel suo modo di disegnare semplice, con linee definite, tende a valorizzare le caratteristiche delle epoche in cui le storie sono ambientate. Se nella prima a prevalere sono le forme geometriche e le figure trasversali, come nei migliori geroglifici, nella seconda tutto il resto è contorno, colorato di nero, facendo da sfondo alle imponenti vetrate del castello in cui la storia è ambientata, che ritornano in più fasi della narrazione e lasciano stupiti, sempre. Nella terza, invece, a farla da padrone, sono i colori caldi e bellissimi ci trasportano nei palazzi turchi dai mosaici incantevoli.
Anche la morale di fondo, che ognuna delle storie trasmette, risulta sottile ma concreta. Se il Faraone è capace di raggiungere ogni obiettivo, prima neanche lontanamente pensabile, impersonando quindi la determinazione, il Selvaggio è l’emblema del perdono. Dal dolore e dell’altruismo ne scaturisce amore per il prossimo con cui lo accomuna un avverso destino di soprusi ma anche di conquistata libertà. La Principessa invece è la caratterizzazione dell’amore ardente, che supera ogni convenzione e ogni ostacolo, disposta a perdere tutto, seppellendo il materialismo sotto un’incontenibile passione.
È difficile guardare questa pellicola senza pensare a “Le mille e una notte”. Sia per la struttura delle storie narrate, sia per la semplicità dei temi che esse racchiudono e a cui tentano di dare una rappresentazione che contenga una riflessione. Michel Ocelot ha la capacità di condurci, con naturalità, in avvolgenti e colorati mondi diversi, lasciandoci la possibilità di tornare bambini con raziocinio.
Tre storie ambientate in tre epoche e tre mondi diversi, unico filo conduttore una narratrice che le racconta ai suoi ascoltatori. Michel Ocelot ricrea mondi fiabeschi per portare messaggi di amore e altruismo attraverso l’utilizzo di uno stile semplice che si discosta dalle opere moderne. Un ritorno alla semplicità che intenerisce.