Rispolveriamo un capolavoro che purtroppo è ancora attuale: Il grande dittatore di Charlie Chaplin
Durante il periodo di quarantena, complice un famoso spot pubblicitario si è rievocato molto spesso il monologo finale tratto dal film di Chaplin Il grande dittatore, denominato anche denominato il “Discorso all’Umanità”.
In alcuni dibattiti abbiamo avuto modo di constatare che molte persone non hanno visto questo film, e in fondo è comprensibile dato che quest’anno celebra gli ottant’anni dalla sua uscita. Ma per comprendere meglio questa pellicola, e quindi perché è ancora così attuale, bisogna spiegare cosa si cela dietro questo capolavoro senza tempo.
Negli anni Trenta Charlie Chaplin era al massimo del suo successo, le sue pellicole mute avevano riscosso consensi ovunque, capace di cogliere, grazie alla figura del piccolo Vagabondo, comicità e temi attuali dell’epoca. Tuttavia stava prendendo piede il sonoro a Hollywood, cosa che rendeva lo stesso Chaplin assai nervoso, essendosi formato con i film muti. Trovava che permettere al Vagabondo di parlare avrebbe perso tutta la sua magia, ma dovette adeguarsi. Così cominciò a ideare Il grande dittatore: essendo Chaplin di nazionalità inglese era ben conscio di cosa stesse succedendo all’epoca in Europa, e nonostante gli Stati Uniti non volessero esserne coinvolti, il regista e attore era del tutto determinato a realizzare un film incentrato proprio sulla figura di Hitler e del suo alleato Mussolini. A Chaplin servirono quattro anni per realizzare l’opera, complici la sua maniacale perfezione e le incertezze sugli argomenti trattati nella pellicola, anche se lo stesso regista era ben conscio che questo film non sarebbe mai sbarcato nel Vecchio Continente.
Ma entriamo nello specifico: la pellicola tratta di un dittatore, Adenoid Hynkel, intenzionato a conquistare il mondo e che soffre di una specie di sindrome di Napoleone nei confronti del corrispettivo dittatore italiano Bonito Napoloni, con cui cerca di allearsi, nonostante le esilaranti gag competitive tra i due. Parallelamente, un barbiere ebreo in un lager si ritrova in una situazione surreale e di discriminazione assoluta verso il proprio popolo, ma c’è una cosa che contraddistingue questo barbiere, ossia la sua impressionante somiglianza fisica con lo spietato dittatore Hynkel. Tanto che alla fine i due vengono scambiati e sarà proprio questo piccolo barbiere ebreo, sotto mentite spoglie, a fare il celebre Discorso all’Umanità. Ne estrapoliamo un frammento:
“Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.
In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco.
Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità.”
Perché dopo così tanto tempo il Discorso all’Umanità di Chaplin è attuale più che mai? Nonostante gli anni, le lotte civili e le guerre che ancora attanagliano questo mondo, l’importanza di avvenimenti storici e di parole di questo peso dette in momenti drammatici per l’umanità devono fungere come fonte di forza e ispirazione.
Chaplin con il suo cinema ha sempre centrato il segno, usando una comicità intelligente ma mirata, soprattutto, a parlare di argomenti sociali e politici che ci sembrano ancora attuali, e non ci resta che chiederci quando potremo finalmente vedere un mondo pacifico e privo di odio, in cui questi film e monologhi potranno essere soltanto espressione di una lotta che fa parte del passato, senza essere più rievocati per necessità nel presente.