Il male non esiste recensione film di Mohammad Rasoulof con Ehsan Mirhosseini, Shaghayegh Shourian, Kaveh Ahangar e Alireza Zareparast
Vincitore dell’Orso d’Oro al Festival internazionale del cinema di Berlino, approda finalmente nelle sale italiane, grazie a Satine Film Distribuzione, l’attesissimo Il male non esiste (There Is No Evil), scritto, diretto e prodotto da Mohammad Rasoulof.
In un momento complicato come quello che stiamo vivendo, il film del regista iraniano rappresenta un’ulteriore ferita aperta, un grido di allarme che non può non essere ascoltato. Quattro storie, quattro modi differenti di reagire alla pena di morte, perché anche all’interno di un contesto dispotico esiste una possibilità di scelta, indipendentemente da quali siano le conseguenze.
Rasoulof, al pari di Jafar Panahi, si è servito del cinema sin dall’inizio del suo percorso come regista per condannare il regime dittatoriale iraniano, pagando in prima persona con il carcere e il divieto di girare film. Quello che vediamo sullo sfondo nelle opere di Asghar Farhadi, sfumato ma comunque ben riconoscibile, in Rasoulof (e Panahi) diviene manifesto, sovraesposto, il punto di arrivo di un’analisi feroce della società che non lascia scampo. Non ci sono mediazioni o chiaroscuri in Il male non esiste, semplicemente vengono raccontate le diverse reazioni dei personaggi (che rappresentano gli uomini) di fronte a un atto disumano, ormai considerato normale e addirittura premiato con qualche giorno di licenza. L’Iran è infatti lo Stato al primo posto del mondo per numero di esecuzioni capitali: 246 nel 2020, oltre 250 nel 2021 e già 46 nel primo mese del 2022. I condannati non sono soltanto i colpevoli di omicidio o gli arrestati per reati di droga, ma anche i dissidenti politici e gli esponenti delle minoranze etniche.
Solo apparentemente abbracciando il cinema a tesi, Mohammad Rasoulof mette in scena quattro storie diverse tra loro ma che hanno in comune una differente reazione a questa terribile imposizione, che non risparmia nemmeno chi ha l’obbligo di adempiere al servizio militare, nel pieno della giovinezza. Partendo da Heshmat, marito e padre esemplare che si trascina nel corso delle sue giornate nell’attesa di un lavoro notturno misterioso, passando attraverso Pouya, che non vuole obbedire all’ordine dei suoi superiori, e Javad, che paga a caro prezzo i tre giorni di licenza che ottiene per far visita alla sua amata e chiederla in sposa, e arrivando a Bharam, un medico che non può esercitare desideroso di rivelare la dura verità alla nipote, il regista iraniano descrive i differenti volti di una stessa realtà fatta di dolore e sofferenza. Quattro episodi coraggiosi che esplorano le sfumature della vita, rimanendo costantemente in bilico tra i poli dell’amore e della morte.
Il male non esiste può essere considerato un dramma etico, uno sguardo a una realtà in cui la connivenza è ugualmente deprecabile. Pur comprendendo alcune scelte, Rasoulof non riesce ad assolvere alcuni suoi personaggi, non può mitigare il suo giudizio. Forse in alcuni momenti il suo film appare programmatico, ma la forza della messa in scena, la qualità della scrittura e l’importanza del messaggio riescono a toccare le corde giuste e a suscitare in chi guarda profonda commozione e un’inevitabile sensazione di impotenza e rabbia controllata. Non mancano momenti di lirismo, di (apparentemente) involontaria esaltazione di una natura selvaggia ma accogliente (più degli uomini), di rappresentazione della banalità del male. Quello del regista iraniano è un racconto che destabilizza, che mette in dubbio le certezze, che porta più volte a chiedersi “che cosa avrei fatto”.
Un film di grande respiro civile che spalanca una finestra su un mondo che conosciamo solo da lontano e che ci arriva in tutte le sue contraddizioni. Per capire e per continuare a interrogarci sulla natura dell’essere umano, incapace di reprimere il suo lato oscuro.