Il mondo dietro di te recensione film di Sam Esmail con Julia Roberts, Mahershala Ali, Ethan Hawke, Myha’la, Farrah Mackenzie, Charlie Evans e Kevin Bacon [Netflix]
Il mondo dietro di te, l’apocalisse di Sam Esmail in cinque parti. Il film, scritto e diretto dell’ideatore di Mr.Robot, riadatta il racconto di Rumaan Alam.
Nella società odierna essere misantropo si traduce in sano egoismo. Ad insegnarcelo è Amanda Sandford (Julia Roberts), che ha bisogno di una vacanza dalle persone. Convince così il marito Clay (Ethan Hawke) a trascorrere un weekend in una casa in affitto nel Long Island assieme ai loro figli, Archie (Charlie Evans) e Rose (Farrah Mackenzie).
Arrivati nel Long Island accadono eventi inspiegabili. Primo fra tutti il mancato accesso al Wi-Fi in casa, che non permette a Rose la visione dell’ultimo episodio di Friends.
Un dramma a tutti gli effetti, soprattutto se paragonato all’arenarsi improvviso di una petroliera a pochi metri dalla famiglia Sandford. Quella stessa sera Mahershala Ali, nelle vesti di G.H. Scott, busserà alla loro porta.
Ricapitolando: Friends, una petroliera e Mahershala Ali. Le premesse per un buon film c’erano tutte. Peccato siano rimaste soltanto delle premesse.
Il regista e sceneggiatore Sam Esmail ha creduto di poter realizzare un buon prodotto cinematografico con un approccio da serie tv. Questa sua convinzione si è tradotta in una pellicola noiosa, un brodo allungato.
Per realizzare un buon film non sono necessarie inquadrature ambiziose, perché, ormai, quelle le sanno fare tutti. Per fare un buon film è necessario raccontare una storia e (spoiler) Sam Esmail non ci è riuscito. È come se il Regista avesse concepito Il mondo dietro di te sulla base di singole scene, per nulla connesse tra loro. Scene orfane, senza padre né madre. Un peccato, visto che il legame fra loro risiedeva nel racconto di Rumaan Alam.
Con l’introduzione di G.H. Scott e sua figlia Ruth (Myha’la), Sam Esmail ha fiutato l’occasione di una regia corale. Come in Scooby-Doo ha suddiviso in gruppetti i personaggi, alla ricerca di un climax senza picco.
Il regista ha tentato disperatamente di raccontare il niente come se fosse tutto. E questo non perché il racconto di Rumaan Alam non fosse all’altezza, anzi. Ma perché lo stesso racconto è stato messo in secondo piano da chi, in realtà, doveva rappresentarne solo la forma: il cast.
In breve, se dal film rimuovi Julia Roberts, Ethan Hawke e Mahershala Ali, ecco che hai un thriller psicologico diretto da uno studente del DAMS. Inoltre, appare evidente un gap nella qualità attoriale. Sembra che la produzione abbia investito troppo negli attori principali, lasciando un budget residuale per i ruoli di Archie e Rose. Due performance recitative di basso livello, ma quanto meno coerenti con la qualità del prodotto.
In alcuni tratti del film è facile dimenticarsi dell’emergenza nazionale in atto, e questo solo per permettere a Netflix di realizzare una scena in cui Mahershala Ali e Julia Roberts ballano insieme. Una scena vendibile, ‘instagrammabile’.
Gli eventi della storia appaiono privi di fondamento, figli di una cattiva gestione. Giustificati da un male anonimo, che assume la forma di un cervo e di una Tesla. Il regista ha creduto che del semplice e banale simbolismo bastasse per la creazione di un messaggio. Ha voluto far credere a noi spettatori che il finale di Friends fosse l’equivalente della fine del mondo.
No caro Sam, è il finale di How I met Your Mother ad essere la fine del mondo.