Il paradiso del pavone recensione film di Laura Bispuri con Dominique Sanda, Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Carlo Cerciello, Fabrizio Ferracane e Leonardo Lidi
Ogni famiglia ha i suoi segreti inconfessabili. Chi più, chi meno. Il paradiso del pavone, terzo lungometraggio della regista romana Laura Bispuri (Vergine giurata, Figlia mia), presentato alla 78° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, vincitore del Premio Orizzonti, ne è un esempio. Un ritratto intimo di una famiglia che si riunisce per festeggiare i settant’anni di Nena (Dominque Sanda) in una casa sul litorale laziale in pieno inverno, un’occasione per svelare una serie di segreti celati da anni.
Un pavone dai colori sgargianti di nome Paco, simbolo dell’amore, ma anche della primavera e della rinascita, di proprietà della piccola Alma (Carolina Michelangeli), figlia dell’insicura Adelina (Alba Rohrwacher) e di Vito (Leonardo Lidi), prossimi alle nozze, dopo anni di convivenza. I tre si ritrovano a festeggiare il compleanno di Nena, ritrovando per l’occasione Caterina (Maya Sansa), la sorella di Vito, separata dal marito Manfredi (Fabrizio Ferracane), che convive con una donna più giovane di nome Joana (Tihana Lazović), ma fin a quel momento Nena non ne è ancora al corrente. Il pavone che si ritrova a essere catapultato in questo pranzo di famiglia, si innamora perdutamente di una colomba dipinta in un quadro del soggiorno. Un evento inaspettato che vede Paco coinvolto sarà un’occasione per svelare una serie di segreti mai rivelati fino ad allora.
Con Il paradiso del pavone, un’opera abbastanza inconsueta nella filmografia italiana degli ultimi anni, Laura Bispuri sceglie di raccontare una famiglia, apparentemente normale, dove regnano incomprensioni, parole non dette, insicurezze e silenzi.
I silenzi di Lucia (Maddalena Crippa), la domestica della casa e quelli di sua figlia Grazia (Ludovica Alvazzi Del Frate). L’innocenza della piccola Alma, che guarda con sguardo innamorato il suo pavone, fa da contraltare alla passività dei componenti della sua famiglia, che si ritrovano a fare i conti con i loro problemi irrisolti.
Per l’occasione la Bispuri ha scelto Dominique Sanda per il ruolo di Nena, attrice nota al grande pubblico per Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci, Al di là del bene e del male (1977) di Liliana Cavani, solo per citare alcuni tra i tanti titoli della filmografia dell’attrice francese, che ritorna a recitare dopo la sua ultima apparizione in Saint Laurent (2014) di Bertrand Bonello. Scritto da Silvana Tamma e sceneggiato dalla stessa insieme alla Bispuri, il soggetto si concentra su una storia che si svolge nell’arco narrativo di una sola giornata all’interno delle mura domestiche, non mettendo mai in luce, purtroppo, la psicologia dei personaggi, mostrandoci solo in superficie alcuni comportamenti degli stessi e non permettendoci di capire appieno le ragioni di alcune dinamiche, se non parzialmente e soltanto verso la fine.
C’è un cast di tutto rispetto in quest’opera, a partire da Dominque Sanda passando per Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Carlo Cerciello, Maddalena Crippa, Fabrizio Ferracane e Leonardo Lidi, ma la sceneggiatura si concentra su una storia che non mette completamente in evidenza i suoi punti di forza, se non solamente in minima parte, concentrandosi su campi, controcampi e pochi dialoghi, finendo con il perdere il senso di ciò che si vuole raccontare. Un interno di una tranquilla famiglia borghese, che per anni ha vissuto ignara di un segreto che poteva essere visibile agli occhi di tutti, ma tenuto ben nascosto, che, neppure davanti alla sua cruda verità, riesce a scuotere i protagonisti. Ed è così che il tragico evento che vede coinvolto il pavone diventa l’occasione per mettere i personaggi uno davanti all’altro e e avere il coraggio di gridare le proprie frustrazioni.
Il paradiso del pavone è un’opera che nonostante la presenza di un ottimo cast – fa piacere rivedere nuovamente sullo schermo Dominique Sanda – non riesce a convincere pienamente lo spettatore, a causa dello scarso approfondimento dei personaggi e delle loro dinamiche famigliari, finendo col mettere in ombra alcuni aspetti che meritavano di essere chiariti, ma che purtroppo, ahinoi, restano in sospeso.