Il quiet quitting di Joker: Folie à Deux film di Todd Philips con Joaquin Phoenix, Lady Gaga e Brendan Gleeson.
2012. Colorado. James Holmes uccide 12 persone e ne ferisce 70 durante la prima dell’ultimo capitolo della trilogia dedicata al Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan presso il Century 16 Movie Theater di Aurora.
2019. Debutta in anteprima mondiale alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, vincendo il Leone d’Oro, Joker di Todd Phillips scatenando un vivace dibattito critico e giornalistico sulla origin story di uno principali antagonisti di Bat-Man – interpretato da Joaquin Phoenix – evidentemente costruita sulle fondamenta di Re per una notte di Martin Scorsese.
2024. Joker torna al Lido, con una Lady Gaga e un Brendan Gleeson in più, con un sequel meno derivativo che rilancia l’introspezione su Arthur Fleck circoscrivendo il campo d’azione al penitenziario psichiatrico di Gotham City per liberarlo soltanto in inserti musical sul repertorio delle love songs americane di maggior successo. Ed è la prima volta che un sequel trova posto nel concorso della manifestazione.
Perchè?
Al netto delle necessità diplomatiche e di opportunità nell’allestimento di una selezione in un festival di internazionale, è lecito interrogarsi sul valore e sul merito del comitato selezionatore sulla partecipazione di un film che formalmente nasce nell’alveo dei cinecomics salvo affrancarsene con buona pace.
Partiamo dal titolo. Non si parla semplicemente di un Joker 2, ma di una Folie à Deux, che con la sua musicalità francese sembrerebbe richiamare un romantico passo a due di danza ma nella letteratura psichiatrica rimanda alla trasmissione di una psicosi da un individuo ad un altro. E il delirio è la porta di accesso all’uomo che ha dato inconsapevolmente vita al Joker dopo una vita passata nell’invisibilità e nei soprusi.
Era affascinante scavare nel background di Joker, ma una volta conosciuto Arthur Fleck è sicuro che non fosse l’avatar di uno dei tanti profili che affollano le cronache mondiali? Se si fosse chiamato James Holmes oppure Anders Breivik? Gotham è stato l’escamotage per mantenere la giusta distanza, isolare il disagio umano dietro le sbarre e dietro una finzione per scoprirne le manifestazioni. Ma una volta che si guarda in faccia l’oscurità, come si distoglie lo sguardo?
Todd Philips era riuscito a intercettare la drammaticità e la tossicità che serpeggiano prorompenti nella società contemporanea, facendola incarnare perfettamente a Joaquin Phoenix. Si sono ritrovati, però, tra le mani un ingorgo incandescente su cui soffiare o provare a versare dell’acqua. E’ stata scelta la seconda ipotesi ma non si può evitare che il calore si trasformi in vapore e complichi la visione. La pericolosità di Joker non risiede nell’efferatezza o nell’abisso, ma nella sua patologica umanità offerta a tutti, senza filtri e senza strumenti. Meglio far brillare l’ordigno prima che esploda ferendo qualcuno, di nuovo.
What the world needs now is love cantano nel film, l’amore di Arthur Fleck per Lee Quinzel, ma anche l’amore di Arthur Fleck per se stesso in quanto persona non ostacolata dal trucco della celebre happy face, iconica ma ingombrante.
L’amore presuppone un destinatario o quanto meno uno scambio ed è forse il messaggio più destabilizzante dell’attesissimo sequel. Chi aspetta la rivoluzione, anche nel film stesso, perde la stella polare e non basta una deflagrazione a restaurare lo tsunami anti-sistema, l’idea che ha reso Joker un simbolo è stanca, Arthur è sfinito e la violenza è fuori tempo massimo.
Rimarranno i ceroni, le parrucche, il panciotto con il cravattino ma saranno svuotati di quel senso di martirio che fermenta oggi nella società contemporanea. Si esce di scena senza furore, quasi presi a schiaffi da quello che è apparso sullo schermo e con il dubbio di esser stati consumati dalla stessa psicosi.
Il perché di Joker: Folie à Deux deve forse essere cercato nella necessità di abbassare e rimettere a fuoco l’obiettivo: il vulnus della contemporaneità, il nostro dolore.
I got too many friends
Too many people that I’ll never meet
And I’ll never be there for
I’ll never be there for
‘Cause I’ll never be there
pLACEBO – TOO MANY FRIENDS