Il ragazzo che diventerà re recensione del film di Joe Cornish con Louis Ashbourne Serkis, Dean Chaumoo, Tom Taylor, Rhianna Dorris, Angus Imrie, Patrick Stewart e Rebecca Ferguson
Alzi la mano chi ha sentito parlare, almeno una volta nella vita, del leggendario re Artù e dei suoi famosi cavalieri. Qualcuno forse li avrà conosciuti ripercorrendo le vicissitudini del piccolo Semola ne La spada nella roccia del 1963, qualcuno se li ricorderà ne Il primo cavaliere del 1995, i più accorti li avranno incontrati ne La spada magica – Alla ricerca di Camelot di Frederik Du Chau. Dalla carta stampata al grande schermo, le vicende del ciclo arturiano sono una miniera d’oro cui attingere per fare breccia nel cuore del grande pubblico.
Certo, come tutte le grandi narrazioni, è rischioso attingere alla stessa materia troppo a lungo nel tempo. Il rischio è quello di incorrere nell’usura di certi immaginari e contesti, se non addirittura nell’abuso sfrontato. Fare i conti con la leggenda paga soltanto quando ci si allinea allo spirito originale, non quando la si scimmiotta per ottenere un blockbuster pronto all’uso. L’oblio e l’insuccesso al botteghino sono dietro l’angolo, basti vedere la sorte toccata all’ultimo sforzo di Guy Ritchie in tal senso con King Arthur – il potere della spada.
Per questo motivo la leggenda arturiana è lì, in bella vista, durante il nuovo film di Joe Cornish, Il ragazzo che diventerà re. Sa benissimo qual è l’archetipo, sa benissimo quali sono gli elementi mitici e quali sono finzionali, mille altre opere li hanno sviscerati nel tempo rendendoli classici. Quello che però il film si propone di fare è qualcosa di più ardito: trasportare nel presente lo spirito e i valori della leggenda, con tutto il giusto rispetto che le si deve. Scordatevi quindi i castelli e le corone e iniziate a prendere familiarità con adolescenti in uniforme scolastica e una magia visivamente buffa, perché la strada è volutamente inaspettata.
Il modus operandi scelto per dare contemporaneamente coerenza e linfa vitale alla storia della spada nella roccia è quello di dare un respiro personale alla leggenda universale che tutti noi conosciamo. Gli eredi dei protagonisti medievali affrontano le metafore della leggenda per mostrare al pubblico che il mito appartiene a tutti e in qualsiasi momento storico ci ricorda che il mondo può essere cambiato, da chiunque. Può farlo un cast di giovanissimi attori imbastendo una battaglia con il male antico in una scuola superiore? Può risultare soddisfacente credere che la leggenda si trasformi in base a colui che decide di abbracciarla fino in fondo?
Non del tutto. Mito e contemporaneità in molti punti si comportano come l’acqua e l’olio, non riuscendo a mantenere le promesse di una visione fresca e davvero originale. Il risultato è un mix posticcio di buone intenzioni e adattamenti fuori luogo, il cui grado di fastidio è direttamente proporzionale all’età di chi lo guarda.
Non basta semplicemente essere onesti per essere credibili, soprattutto se si trova una spada leggendaria in un cantiere.
Andrea