Il sorpasso recensione film di Dino Risi con Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora e Luciana Angiolillo
Il cinema italiano del dopoguerra, si sa, ha partorito alcuni dei titoli più famosi e brillanti in assoluto, fonte d’ispirazione per innumerevoli cineasti esteri. Tra questo, una menzione speciale la merita Il sorpasso di Dino Risi (I mostri), una sorta di road movie all’italiana che esamina i confronti generazionali nel bel mezzo della giornata di vacanza estiva per eccellenza: Ferragosto.
Tuttavia questo capolavoro, malgrado il coinvolgimento del mattatore per antonomasia Vittorio Gassman (I soliti ignoti), non è sempre stato l’antesignano dei lungometraggi sull’Italia del boom da più o meno tutti amato; l’iniziale ricezione critica fu molto tiepida, se non addirittura negativa, con ben pochi studiosi del linguaggio filmico a cogliere le sottigliezze celate da Risi dietro il “macchiettismo” della commedia di costume. Bisognò aspettare un assai tardivo Leone d’Oro alla Carriera del regista affinché venisse fatta giustizia, e il film è risorto dalle proprie ceneri come una fenice, scavalcando così lo snobbismo imperante tra molti addetti ai lavori.
Il sorpasso: sinossi
Bruno (Vittorio Gassman) è un romano spaccone e motorizzato che, alla vigilia di ferragosto, fa casualmente la conoscenza del timido studente di giurisprudenza Roberto (Jean-Louis Trintignant). Caricato il giovane a bordo della sua Lancia Aurelia Sport nuova di zecca, i due si lanciano in un viaggio on the road tra varie località della provincia capitolina, invase da turisti che ostentano il proprio benessere economico.
L’avventura dei due amici si sussegue a rotta di collo tra piccoli episodi di goliardia e incontri tra i più disparati. Affascinato dalla presuntuosa personalità di Bruno, Roberto inizia a realizzare quanto la sua esistenza sia stata triste e passiva fino a quel momento, e decide di riprendere in mano la propria vita in uno slancio di emulazione del compagno di viaggio. Ma la sorte ha in serbo ben altre, più amare, sorprese per lui.
La quint’essenza del boom
La sceneggiatura scritta dal regista assieme a Ettore Scola e Ruggero Maccari vanta un egregio equilibrio di commedia all’italiana classica e dramma a venature sociali, curatissimo nell’introspezione dei personaggi come dei sottotesti offerti dalla narrazione. Lo strabordante Gassman abbina il suo istrionismo mimico ad una fisicità per lui quasi inconsueta, e incarna magistralmente quei caratteri di squallido opportunismo che nell’Italia post-bellica era di casa. Splendidamente introverso è invece Jean-Louis Trintignant (Il grande silenzio), il cui personaggio viene spesso sottovalutato in uno sminuente paragone con il compagno di viaggio. Roberto è in realtà la figura più complessa del film, archetipo di giovane insicuro e spaventato dal futuro che, come raramente successo nel cinema italiano posteriore, è così finemente caratterizzato da riuscire a veicolare i disagi provati dal ragazzo.
Il viaggio di Bruno e Roberto offre momenti di divertimento oltre a una bella fotografia delle principali località turistiche estive del Lazio di quegli anni, ma Dino Risi dà priorità al ritratto di determinate incoerenze mascherate dalla spensieratezza: la borghesia italiana segue la corsa al consumo del futile, iniziano a venire meno stabilità e serietà dei legami familiari, si intravede un timido accenno di lotta per la parità di genere. Il sorpasso coglie i segni premonitori dei grandi cambiamenti sessantottini a ritmo di twist e sulle note del cacofonico, famosissimo, clacson di Bruno, regalando alla memoria cinefila un vortice di sensazioni visive e spunti riflessivi straordinari.
L’amarezza della vita
Il sorpasso va letto anche come romanzo di formazione e presa di coscienza, con il personaggio di Roberto a fare da perno emotivo e intellettuale per tutte le sottotracce “politiche” del racconto. Il giovane universitario rifiuta inconsciamente l’uniformità sociale che lo sta poco a poco soffocando, e l’avventura con Bruno ha scoperchiato il vaso di Pandora della vita, dove tutto è passeggero, gioia e tristezza comprese. Il vero messaggio, però, è quello dell’imprevedibilità stessa della vita, che mille opportunità dà e altrettante ne toglie.
Lo sconvolgente finale, un cambio di rotta improvviso poco apprezzato all’epoca, chiude coerentemente il discorso, ed è lì a introdurre nel canovaccio della commedia all’italiana un lugubre realismo che avvicina Il sorpasso a La grande guerra di Monicelli, altro titolo segnante di una stagione ricca e coraggiosa per la cinematografia del Belpaese, di quelli per i quali si nutre puntuale e sentita nostalgia.