In un mondo migliore

In un mondo migliore recensione film di Susanne Bier

In un mondo migliore recensione film di Susanne Bier con Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, William Jøhnk Nielsen e Markus Rygaard

Dopo il recente trionfo agli Oscar del film danese Un altro giro di Thomas Vinterberg come miglior film internazionale, regista fondatore del movimento cinematografico Dogma 95 insieme a Lars von Trier – torniamo indietro di dieci anni per riscoprire un’altra pellicola scandinava vincitrice della statuetta d’oro più ambita dai cineasti.

Si tratta di In un mondo migliore, diretto da Susanne Bier, regista della fortunata serie The Undoing. Con questo delicato e allo stesso tempo forte film Susanne Bier si è aggiudicata la doppietta come miglior film straniero ai Golden Globe e agli Oscar 2011. Il titolo originale Hævnen, che in danese significa ‘vendetta’, racchiude il fulcro della trama che gira attorno alla storia di Christian (William Jøhnk Nielsen) e Elias (Markus Rygaard), due ragazzini con passati molto diversi che si incontrano per caso a scuola durante un lite.

In un mondo migliore: la trama

William Jøhnk Nielsen e Markus Rygaard
William Jøhnk Nielsen e Markus Rygaard (Credits: Teodora Film)
Mikael Persbrandt, Markus Rygaard e Toke Lars Bjarke
Mikael Persbrandt, Markus Rygaard e Toke Lars Bjarke (Credits: Teodora Film)

Il timido Elias è spesso vittima di bullismo e Christian non esita a difenderlo in più di una occasione fino al giorno in cui, esagerando nei modi, finisce per aggredire uno dei bulli più prepotenti, mettendo nei guai non solo lui, ma anche l’amico. Da qui si sviluppa una vicenda intricata che ha radici ancora più profonde e che Susanne Bier è bravissima a sviscerare. L’arrogante Christian, infatti, nasconde dentro un dolore provocato dalla morte della madre. L’insicuro Elias soffre per la lontananza del padre Anton (Mikael Persbrandt), medico in missione in Africa e in crisi con la moglie. Entrambi i personaggi, interpretati empaticamente dai due giovani attori, rispecchiano non solo il dolore che portano dentro, ma anche l’influenza che la società ha su di loro.

Si deve essere violenti per difendersi dai bulli prepotenti: questo sembra il mantra dei due adolescenti. Soprattutto di Christian, che non disdegna l’utilizzo di mezzi estremi per difendersi. “La vendetta passa per la violenza” urla con gli occhi il ragazzino, mentre Anton, padre di Elias, cerca di spiegare ai giovani che è l’intelligenza a vincere sempre, nonostante ci si trovi di fronte all’ignoranza ottusa di chi preferisce picchiare piuttosto che parlare. Sarà proprio la saggezza del medico a salvare il futuro di Christian ed a convincerlo che la vita è preziosa e non va sprecata essendo acciecati dalla rabbia.

Tematiche delicate e una regia eccellente

Eccellente il lavoro di Susanne Bier che riesce a toccare con sensibilità tematiche molto delicate come il bullismo e la solitudine degli adolescenti, riuscendo a descrivere la difficoltà e la tristezza di una società come quella scandinava che apparentemente sembra perfetta, ma nasconde anche un lato oscuro. A questa empatia della regista danese si aggiunge un sapiente montaggio e una regia senza troppi fronzoli, attraverso i quali sono contrapposte due società, quella africana e quella danese, che si differenziano su determinati aspetti, ma in altri non sono poi così distanti.

Sintesi

Oscar al miglior film in lingua straniera nel 2011, In un mondo migliore è una delicata finestra sulla perfetta ma oscura società danese, in cui a volte la violenza prende il sopravvento. Susanne Bier riesce a toccare con sensibilità tematiche come il bullismo e la solitudine degli adolescenti, riuscendo a descriverne le difficoltà e le inquietudini.

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