Io sono qui recensione film di Walter Salles con Fernanda Torres, Selton Mello e Fernanda Montenegro
di Giorgio Maria Aloi
Io Sono Ancora Qui (I’m Still Here) è un film diretto da Walter Salles, con protagonista Fernanda Torres. È tratto dal libro di memorie Sono Ancora Qui di Marcelo Rubens Paiva e ha ricevuto tre candidature agli Oscar 2025: Miglior Film, Miglior Film Internazionale e Miglior Attrice Protagonista
Rio de Janeiro, 1971: il Brasile è stretto nella morsa della dittatura militare. La famiglia Paiva resiste all’oppressione nel solo modo possibile: con ironia, affetto e la condivisione della quotidianità con amici e parenti. Ma un giorno, un’azione violenta e arbitraria del governo li travolge cambiando per sempre le loro vite.
Eunice (Fernanda Torres) resta d’improvviso senza suo marito Rubens (Selton Mello) e si ritrova sola con cinque figli. Questo le dà la carica per reinventarsi e proteggere i suoi cari, dando loro un futuro diverso da quello che la società le prospetta.
Sia Marcelo Rubens Paiva (nel contesto letterario) che Walter Salles (nel contesto cinematografico) hanno voluto scavare a fondo nelle vicende della famiglia Paiva, però entrambi hanno voluto usare un proprio tocco. Il primo voleva assolutamente rendere giustizia alla propria famiglia e tirare fuori la verità, su quello che hanno subito in quel periodo storico così difficile per il Brasile.
Walter Salles, invece, ha voluto mettere in luce la bellezza di quella famiglia, a cui era particolarmente legato in quanto amico di famiglia. Si concentra su di loro mostrando cos’abbiano subito ma allo stesso tempo, per non rendere troppo cruda la vicenda, ha voluto anche mostrare il bello della famiglia con delle immagini che ritraggono la loro quotidianità rese ben chiare da una fotografia coloratissima.
La regia di Io sono ancora qui, emozionata e delicata, è un continuo omaggio alla famiglia protagonista, pur mantenendo un’attenzione scrupolosa a ogni minimo dettaglio. Ha ben due scopi complementari e vengono raggiunti egregiamente. Durante la visione del film, si prova terrore ma allo stesso tempo anche empatia per i protagonisti. Angoscia ed empatia sono le parole d’ordine di un racconto che prova a mostrare terrore, però vuole anche tirare fuori la sensibilità e far scappare qualche sorriso (o addirittura, una lacrima).
Il regista riesce a trasmettere la difficoltà di quel periodo storico, concentrandosi soprattutto sulle sofferenze vissute dai protagonisti. Tuttavia, la vera protagonista è Eunice, il perno della storia. Ricopre due ruoli fondamentali: è una madre premurosa e una professionista determinata a cercare la verità, agendo sempre per il bene dei suoi figli. Per evitare che il film risulti troppo crudo, si inseriscono anche momenti di leggerezza nella quotidianità, mostrando così la vera motivazione che spinge Eunice ad agire.
Io sono ancora qui mostra il motivo per cui una donna forte come Eunice si sia battuta con tanta determinazione per la causa. Una figura così è solo da ammirare e può essere presa come esempio. Dopo aver visto il film e le straordinarie gesta di questa donna, che ha fatto di tutto per i suoi cari, è impossibile rimanere indifferenti. Anzi, ci si emoziona e ci si sente ispirati da lei a non arrendersi mai.
Fernanda Torres è bravissima e la sua interpretazione le ha portato una Candidatura agli Oscar che si è assolutamente meritata. Un film che tocca molto e che fa venire voglia di provare empatia, ma ogni tanto si può percepire una riduzione del ritmo e ad un certo punto, si nota un leggero prolungamento del minutaggio.