Ma qualcuno si ricorda perché era così attraente il fatto che galleggiassero tutti?
IT è arrivato sul grande schermo solo al termine di una gestazione piuttosto travagliata: inizio della preparazione e primo script con la firma di Cary Fukunaga e Chase Palmer(ancora accreditati come co-sceneggiatori), e con Will Poulter scritturato nel ruolo del pagliaccio Pennywise, poi effettiva realizzazione di Andy Muschietti, regista argentino conosciuto per Mama, con il naso rosso passato a Bill Skarsgård (figlio di Stellan).
Tra la fase uno e la fase due, è arrivato – non a caso – Stranger Things a fare da ‘proof of concept’: la serie Netflix a base di mostri, pre-adolescenti in bicicletta e anni ’80 era esplicitamente ispirata al romanzo di Stephen King (a quanto pare è stata realizzata dai Duffer Brothers come ripiego dopo che era stata loro negata la regia di questo ri-adattamento), ed ha risvegliato l’interesse di tutti i nostalgici di Stand By Me e I Goonies, dimostrando che il mondo era pronto per ri-tuffarsi nei meandri fognari di Derry, Maine. A chiudere il cerchio, il giovane Finn Wolfhard ha oscillato più volte tra i due progetti, finendo per fare il salto dalla gang del piccolo schermo al Losers’ Club.
Dopo tutte queste peripezie, in molti erano pronti a scommettere sul fallimento dell’impresa.
Fortunatamente, costoro resteranno delusi.
IT (il film) non nasconde il debito verso i suoi precursori, facendo invece del suo meglio per catturarne gli elementi di maggior successo e farne i suoi punti di forza. In particolar modo, è vincente la decisione (già presa da Fukunaga) di focalizzarsi solo sulla parte più nostalgica e accattivante del libro, quella in cui i protagonisti sono poco più che bambini e la vita trascorre cercando di sfuggire alle grinfie dei ragazzi più grandi e al controllo di genitori (nel migliore dei casi) oppressivi, tentando allo stesso tempo di superare i traumi dell’infanzia e – se possibile – non finire mangiati dal clown Pennywise, esperto fomentatore delle più recondite fobie di ogni derryano in età prepuberale.
IT è una trascinante avventura con mostri, ma è eccessivo definirlo un horror: ci sono alcune scene ad effetto (mi verrebbe da dire che non guarderete mai più a cuor leggero un proiettore di diapositive – ma tanto non lo fareste lo stesso, ammesso che ancora ne abbiate uno), e un clown che sa fare parecchi trucchi sgradevoli, ma il centro di ogni scena è sempre il legame fra i ragazzi, e l’importanza di fare fronte comune alle avversità. I giovani attori sono tutti bravissimi, anche se lo script non dà a tutti la stessa rilevanza ed uno o due finiscono solo per ‘fare numero’. Se vogliamo trovare un (piccolo) difetto è il Pennywise di Skarsgård: mai suadente, sempre minaccioso, è troppo supportato da effetti speciali, tanto che sembra sempre trovarsi altrove rispetto all’azione, e raramente si ha la sensazione che costituisca un reale pericolo.
Mi auguro che tutto ciò sia intenzionale, e che nel ‘secondo capitolo’, Muschietti adotti un approccio più da ‘horror psicologico’, conforme all’età adulta dei personaggi. E che trovi soluzioni migliori che un ragno gigante.
Quattro palloncini rosso sangue (su cinque).