Jazzy recensione film di Morrisa Maltz con Jasmine Bearkiller Shangreaux, Syriah Fool head Means e Lily Gladstone [RoFF19]
C’è qualcosa nelle storie di formazione che cattura l’attenzione. Sarà perché tutti riescono a rivedersi, anche solo in minima parte, all’interno di queste narrazioni. Sarà per il fatto che raccontano un viaggio, sia esso statico o dinamico, ma pur sempre un espediente narrativo che non invecchia mai (chiedetelo a Omero).
Qualsiasi sia la motivazione, i racconti sul passaggio dall’infanzia al mondo adulto incantano il cinema. Alla 19° edizione della Festa del Cinema di Roma è stato presentato Jazzy di Morrisa Maltz, ennesimo film sul tema che però ha, quasi magicamente, qualcosa in più da dire.
La storia segue la crescita di Jazzy (Jasmine Bearkiller), una giovane d’origine Lakota, dai primi giorni di scuola elementare fino alle medie. Nella tradizione dei racconti di formazione, ogni più piccola evenienza si tramuta in un grande avvenimento. Un litigio con la migliore amica, un compleanno, una lettera di revoca dell’amicizia, una dichiarazione d’amore. Non esistono piccoli eventi e sono proprio questi a sostituirsi allo sfarzoso ballo di gala o alla battaglia decisiva, o ancora, all’esplosione della passione tra i protagonisti. In qualche modo questi momenti appaiono grandi anche a noi, che li guardiamo con un’altra consapevolezza.
Jazzy, come molti altri film venuti prima, è in grado di compiere questo “miracolo” di identificazione, ma lo fa a modo suo, soprattutto attraverso la messa in scena. In questo film manca la figura dei “più grandi”, perché è superflua. L’adulto rappresenta restrizione, ordine e doveri. Questa figura, che a un bambino può spesso apparire opprimente, appare qui solo tramite la voce o fuori fuoco, lontana dai problemi dei giovani, i quali, nella maggior parte, nascono proprio a causa di chi dovrebbe essere per loro un esempio da seguire.
Poi, però, sorprendentemente, entra in scena. Lo fa quando la protagonista è abbastanza matura da comprendere i dolori e le gioie di quel mondo che, finora, è stato a lei estraneo. Questo momento di realizzazione è forse uno dei più limpidi e delicati che il cinema sul tema abbia mai portato su schermo. Ed è proprio il motivo per cui l’intera impostazione audiovisiva del film rimane in piedi, riuscendo a creare un sentiero a posteriori in grado di dare un’unità visiva all’intera opera che, altrimenti, da quel punto di vista non ha poi molto da dire.
La semplicità è il traino di Jazzy, un film che non pretende di rivoluzionare il tema narrativo del passaggio all’età adulta ma che non si accontenta neanche di essere l’ennesima voce a provenire dallo stesso coro.
Una storia senza dramma che mostra l’adolescenza come il momento al contempo spensierato e pieno di ansie e leggende nell’unico modo adatto: con spensieratezza e comprensione dell’argomento trattato.