Jigoku-no-hanazono: Office Royale (Hell’s Garden) recensione film di Seki Kazuaki con Nagano Mei, Nanao, Alice Hirose, Endo Kenichi e Koike Eiko
– Cosa sei?
– Un’impiegata.
(Endo Kenichi e Nagano Mei in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Commedia grottesca scritta dal comico Bakarhythm e diretta da Seki Kazuaki al suo lungometraggio d’esordio, Jigoku-no-hanazono: Office Royale (Hell’s Garden il titolo di distribuzione in Nord America) ci mette di fronte ad una bizzarra sfida senza esclusione di colpi tra le Office Lady o OL, ossia le impiegate semplici d’azienda: nel mondo delle dipendenti, veniamo a scoprire che regna la legge della più forte, e la Mitsufuji non fa eccezione, con le sue funzioni ma soprattutto fazioni Vendite, Ricerca e Sviluppo e Produzione a fronteggiarsi per la supremazia in azienda, guidate per mano, fascino, calci, pugni e testate dalle rispettive leader Shiori Satake ossia Cane Pazzo Shiori (l’attrice e cantante Kawaei Rina), Andoh Shuri (l’attrice e modella Nanao) soprannominata il Demone e Etsuko Kanda (la comica Oshima Miyuki) detta la Bestia, che ritorna in azienda addirittura dopo cinque anni di carcere per percosse e trecento duelli vinti.
Presentato in anteprima al Far East Film Festival 23, Jigoku-no-hanazono: Office Royale ci tiene a ricordarci che vuole essere un fumettone: i suoi personaggi hanno le sembianze da fumetto, la forza da fumetto, il tipico schema narrativo da fumetto, propone colpi di scena e ribaltamenti da fumetto innestati in una classica trama da fumetto.
Sono l’amica noiosa dell’eroe dei fumetti.
(Nagano Mei in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
L’arrivo di Ran Hôjô (l’attrice, conduttrice e modella Alice Hirose) cambia gli equilibri del potere e la gerarchia della leadership in azienda, dove il “normale” mondo del lavoro si contrappone al mondo della lotta, tra territori da conquistare, personaggi secondari da mettere al tappeto, mezzecalzette da ignorare, sfide contro boss di livello crescente in uno schema ripetitivo e poco ispirato che si allarga anche alle altre aziende rivali, tra concetti di conquista, punizione, sottomissione, con la sua protagonista Tanaka Naoko (l’altra superstar asiatica della pellicola insieme a Nanao, Nagano Mei) che vive in bilico tra la realtà e la fantasia dei fumetti, facendo da voice over alle vicende mostrate sullo schermo.
Da amica inutile che crea problemi all’eroina rischiando di essere additata come il personaggio più antipatico del fumetto Naoko si rivelerà la vera protagonista, celata dietro apparenze goffe alla Clark Kent e disposta a combattere soltanto quando indispensabile, dopo che Ran subisce l’onta di essere sconfitta addirittura da una terza assistente, mostrandosi incredibilmente forte e con un talento innato nel combattimento, grazie al DNA teppista della sua famiglia, all’istradamento del padre e dei fratelli e alle letture ispirazionali dei manga di lotta Be-Bop High School, Shōnan Bakusōzoku e Rokudenashi Blues Crows.
Ognuno è bravo in qualcosa. Che si tratti di studio, sport o canto.
Anch’io avevo qualcosa di cui andare orgogliosa. Sapevo combattere.
(Alice Hirose in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Se le premesse potrebbero sembrare esilaranti per quanto molto lontane dall’immaginario occidentale, con tanto di vaghi rimandi al filone dei manga Bōsōzoku, Jigoku-no-hanazono: Office Royale mostra gli eccessi e le fragilità di un’opera prima che fa scorrere in maniera sfrenata la fantasia senza tuttavia controllo né costrutto, girando attorno all’allegoria della vita e dei rapporti di forza in azienda tra meta-commento dei valori aziendali e meta-umorismo sulle OL che inneggia ma anche ironizza in maniera caustica sul girl power e propone metafore scomode sulla gelosia e la competitività femminile.
Un divertissement poco riuscito che non va oltre il grottesco ed il nonsense quello dell’esordiente Seki Kazuaki, artefice di un film delirante che apre alla guerra totale tra colleghe di lavoro che diventano membri di un esercito con tanto di gerarchie, tra capi e persone sacrificabili, guerriere dai soprannomi improbabili, sfide Melee Medley, smorfie caricaturali da anime e bizzarrie varie come i tre moschettieri transgender capitanati dall’assurda Office Lady interpretata da Endo Kenichi dell’azienda rivale (quotata in borsa!) Tomsun, dove gli scontri non finiscono fino all’ultimo livello e dimensione di abilità, tra personaggi secondari ed espedienti narrativi su misura per gli eroi dallo spirito combattivo, frustrazione degli sconfitti, forza e coraggio ma anche vergogna e umiliazione.
Essere un’impiegata è uno stile di vita. Ora vai e mostra quella via al mondo.
(Shigeru Muroi in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Invisibili e senza alcun ruolo sono gli uomini in Jigoku-no-hanazono: Office Royale, in un film raramente divertente che si regge sul fascino delle sue scanzonate protagoniste, dalla strepitosa Nanao a Nagano Mei e Alice Hirose, che si ritrovano invischiate in coreografie stravaganti e posticce che non si prendono molto sul serio, fino al combattimento sovrannaturale da fumetto contro Reina Onimaru (Koike Eiko) degli Affari Generali, l’impiegata più tosta del mondo capace di sprigionare una violenza senza pari, la cui aura è circondata da leggende metropolitane come le 322 impiegate sconfitte a bordo di un treno, la battaglia durata ventiquattro ore contro i clienti più difficili per estorcere loro 3,48 milioni di yen in donazioni per una raccolta fondi e la scorribanda tra le mense aziendali di tutto il Giappone per provare a sbafo i piatti migliori.
E se la prima Office Lady della storia del Giappone, Sayo Nanase (Shigeru Muroi), incarnazione vivente dell’orgoglio e della supremazia OL, ci svela che il segreto della lotta risiede nella bravura sul lavoro come impiegata – e Ran Hôjô “non era brava nel suo lavoro, ma era onesta” – e che la dignità e l’eleganza nel combattimento e le virtù della grande guerriera si raggiungono soltanto attraverso la perfetta redazione dei documenti, la velocità nelle fare fotocopie e la compostezza nel rispondere al telefono, insomma con tutte le azioni quotidiane che rientrano tra le mansioni dell’impiegata, in un training alla “Dai la cera, togli la cera” di Karate Kid, il sarcastico finale di Jigoku-no-hanazono: Office Royale sembra deridere lo stesso mestiere dell’impiegata, la sua routine quotidiana e persino gli argomenti di discussione – dalla passione per le serie TV del momento come Love P.I. ai consigli alimentari, fino al desiderio di un sonnellino pomeridiano e di essere addirittura ibernati, perché l’uomo lavorando anziché dormire sfida la sua stessa natura destinata al riposo! – in un crescendo di ridicolo che mostra come possa essere vanificata la fantasia creativa di un autore se mal convogliata e svuotata di significato.
Jigoku-no-hanazono: Office Royale (Hell’s Garden): le frasi del film
Sono un’impiegata.
(Nagano Mei in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Non ve l’ho detto, ma sono brava a combattere.
(Nagano Mei in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Il tuo problema è che non sai cosa ti manca.
(Shigeru Muroi in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Che mostro è?
(Endo Kenichi in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Perché dovrei eseguire gli ordini di persone più deboli di me?
(Alice Hirose in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)
Le mezzecalzette non dovrebbero essere impertinenti.
(Alice Hirose in Jigoku-no-hanazono: Office Royale)