Kevin Can F**k Himself recensione serie TV Amazon Original di Valerie Armstrong e Craig DiGregorio con Annie Murphy, Mary Hollis Inboden, Eric Petersen, Alex Bonifer, Brian Howe e Raymond Lee
Disponibile dal 27 agosto su Amazon Prime Video, la serie tv Kevin Can F**k Himself è ideata da Valerie Armstrong e vede come protagonista Annie Murphy (Schitt’s Creek). Composta di otto episodi, diretti da Anna Dokoza e Oz Rodriguez, la serie ci trasporta nel mondo delle sit-com americane, in cui la coppia formata da Allison (Annie Murphy) e Kevin McRoberts (Eric Petersen) vive un’apparentemente divertente e spensierata vita matrimoniale, in una deliziosa casa dall’arredamento chintz e con la compagnia del padre di Kevin, Pete McRoberts (Brian Howe), e di Neal (Alex Bonifer), migliore amico di Kevin, e di sua sorella Patty (Mary Hollis Inboden).
La storia segue il punto di vista di Allison, la perfetta moglie da sit-com americana: bionda, bianca, bella e che sembra stare al gioco, sposata con un uomo che più e più volte si mette in ridicolo, ma che ha un buon cuore e deve amarla tanto. Ma, per Allison questo matrimonio somiglia ogni giorno che passa a una trappola in cui è costretta a subire piccole umiliazioni e in cui gli atteggiamenti infantili e sprovveduti del marito diventano sempre più insostenibili. Quando la donna scopre che tutti i risparmi messi da parte nel loro conto in banca durante i tanti anni di matrimonio – e destinati ad acquistare una nuova e più confortevole casa – sono stati spesi da Kevin in investimenti poco considerati, per Allison arriva il momento di prendere una decisione: Kevin deve morire, solo così lei potrà finalmente liberarsi di un legame abusivo e privo di felicità.
E nel tentativo di creare l’omicidio perfetto, Allison andrà incontro a una serie di disavventure e alleanze inaspettate…
Un passo in avanti, al di fuori del mondo confortante delle sit-com
Da Roseanne a Tutti amano Raymond, passando per Friends, Due uomini e mezzo, La vita secondo Jim, fino a The Big Bang Theory e How I Met Your Mother, le sit-com in multicam con track laugh hanno invaso per anni le nostre case, facendoci immergere nei salotti e nelle vite di strampalate famiglie disfunzionali, con personaggi che a lungo andare diventavano dei veri e propri stereotipi. Con gli anni ’10 l’evoluzione del genere ha portato a esemplari come Modern Family, in cui la rottura della quarta parete costituiva un elemento innovativo ed esilarante, o a The Middle, in cui al centro della storia c’è protagonista una famiglia della media borghesia e in cui la mediocrità dei suoi componenti diventava oggetto di riflessione della società americana e del concetto di successo che da sempre la caratterizza.
Per assurdo, una riflessione sul genere della sit-com e sulla rappresentazione della tipica famiglia americana è stato affrontato dalla miniserie WandaVision, che ha aperto la Fase 4 del MCU. I riferimenti e omaggi alle sit-com delle diverse epoche della serialità statunitense non erano soltanto puro citazionismo, ma diventavano a loro volta riflessione sul complesso ruolo della donna all’interno del mondo televisivo e una critica alla televisione stessa: il mondo illusorio di Wanda, con la sua perfezione prima in bianco e nero e poi a colori, rispecchia l’illusione in cui per anni ci siamo rifugiati noi spettatori e spettatrici. Un’illusione che ormai non è più in grado di reggere ai contraccolpi del mondo contemporaneo e che proprio per la sua natura resta confinato nell’apparecchio televisivo, incapace tuttavia di donare sicurezza e comfort in chi guarda.
Kevin Can F**k Himself: una dramedy a tinte oscure che gioca con i cliché del genere
Con Kevin Can F**k Himself, Armstrong sembra voler fare un ulteriore passo in avanti e raccontare la ribellione della ‘perfetta moglie da sit-com’, mostrandoci un ritratto della vita matrimoniale, dei ruoli tradizionali di uomo e donna che, lontani dalle luci sfavillanti dei set e delle finte risate, si colora di grigio e mostra le manipolazioni e le umiliazioni subite da Allison nel corso della storia. Quando, infatti, Kevin esce di scena, la fotografia e il setting della serie cambiano totalmente e la camera segue Allison con numerosi primi piani per mostrare la sua continua insofferenza e le difficoltà di portare avanti un matrimonio con un uomo che non si preoccupa dei suoi desideri e delle sue necessità. Come Wanda, anche Allison tenta di sopprimere il dolore rifugiandosi nei suoi sogni di casalinga, in cui l’acquisto di una nuova e più moderna casa diventa simbolo di un miglioramento del proprio stile di vita e della personale felicità. Veder sfumare questo sogno sarà la goccia che farà traboccare il vaso e scatenerà la rabbia della donna verso Kevin.
Tuttavia, proprio perché Allison è abituata da anni a compiacere gli altri e ad apparire sottomessa e mansueta, non sarà facile uscire fuori dagli schemi abituali e fare dei concreti passi avanti. Ecco perché a lei si affianca Patty, unica altra presenza femminile nella serie, e che rappresenta la versione più cinica e disillusa di Allison, la sua controparte ideale e partner in crime perfetta. La loro coppia, diversa tanto nell’aspetto fisico quanto nel carattere, non costituisce una particolare novità sullo schermo, ma introduce una riflessione interessante sulla sorellanza femminile e sui rapporti di amicizia che le mogli da sit-com non intrattengono affatto all’interno delle diverse serie, troppo impegnate a risolvere i pasticci in cui i loro mariti le cacciano e totalmente immerse e relegate nei ruoli di mogli e madri, al punto che nella sit-com del 2017 Kevin Can Wait, la moglie del protagonista viene eliminata nella seconda stagione.
In Kevin Can F**k Himself, invece, al centro della storia c’è la rivalsa di una donna che per anni si è annullata in funzione del marito, che ha perso amicizie e un lavoro che amava sempre a causa delle scenate infantili e dei pregiudizi misogini di Kevin. La serie cerca così di allontanare Allison e Patty dai ruoli che tradizionalmente hanno sempre rivestito all’interno del genere: moglie adorabile e devota e amica cinica. A Patty viene dedicato il terzo episodio che mostra l’altrettanto squallore in cui si trova la donna: convive con un uomo che non ama e gestisce un traffico illegale di farmaci per arrotondare lo stipendio e mandare avanti il suo salone di bellezza, unendo così alla dramedy elementi alla Breaking Bad, con tanto di road trip e di visite agli spacciatori di fiducia.
Spiccano la bravura di Annie Murphy, lanciatissima dopo il successo di Schitt’s Creek, che adatta magnificamente le proprie espressioni, corpo e volto a seconda se si ritrovi in presenza di Kevin e quindi all’interno di una sit-com o nel mondo grigio e infelice che è davvero la sua vita. A ciò si aggiunge la sceneggiatura che riesce a calibrare bene i passaggi tra i vari generi, grazie anche a un comparto tecnico di prim’ordine. Ben calati nella parte risultano anche gli altri personaggi, sebbene Kevin e i suoi co-protagonisti siano sempre presenti solo nel salotto di casa, sull’onnipresente divano dal rivestimento di primi anni 2000. Dopo aver debuttato per AMC negli USA il 13 giugno, Kevin Can F**k Himself arriva anche da noi per mostrarci i retroscena di un matrimonio infelice e di una donna che, dopo ripetute manipolazioni, commenti sessisti e rinunce ha deciso di riprendere in mano la sua vita e di cui, ora, nessuno può più azzardarsi a ridere.