Kim Ji-young, Born 1982 recensione film di Do-young Kim con Yoo-mi Jung, Yoo Gong, Mi-gyeong Kim, Min-jeong Gong e Seong-yeon Park
Tratto dall’omonimo romanzo scritto dall’autrice Nam-joo Cho, Kim Ji-young, Born 1982 ha suscitato in Corea del Sud numerose critiche da parte di antifemministi e annessi dibattiti, proprio come fece il libro uscito nel 2016.
Il film diretto da Do-young Kim, attrice affermata che abbiamo già visto come protagonista in film indipendenti come Written (2007), The Day After (2008), A Bedsore e in ruoli minori in The Doll Master (2004), Loveholic (2010), Killer Toon (2013) e Last Child (2017) racconta la storia ordinaria e al limite del banale di Kim, donna sulla trentina che, diventata da poco madre, è alle prese con una depressione post partum che la fa agire e parlare in modo strano. Nam-joo Cho ha deciso di chiamare la protagonista con il nome più usato in Corea proprio per conferire al personaggio ancora più ordinarietà e per avvicinarlo ai lettori rendendolo reale. La storia di Kim infatti è la stessa di molte donne coreane, costrette ad abbandonare la carriera per crescere i figli.
Il connubio maternità e lavoro non è stato mai facile e soprattutto in Corea del Sud è una tematica non solo molto attuale ma anche discussa. Nel film della Do-young Kim questo tema viene trattato attraverso gli occhi della bravissima protagonista Yoo-mi Jung, attrice già apprezzata in Train to Busan (2016) e in Silenced (2011), insieme all’altro protagonista, il marito Dae-hyun Jeong, interpretato dal divo coreano Yoo Gong. L’ottima recitazione di Yoo-mi Jung riesce a coprire alcuni difetti di narrazione, che nonostante i numerosi flashback della vita di Kim, risulta un po’ piatta e priva di slanci.
La scelta della regista ed attrice di semplificare al massimo lo stile narrativo può non piacere, ma riesce a conferire al lungometraggio una linearità in cui le spettatrici possono identificarsi e ritrovarsi.