L’afide e la formica recensione film di Mario Vitale con Beppe Fiorello, Valentina Lodovini, Cristina Parku, Nadia Kibout, Alessio Praticò e Annamaria De Luca
‘U professuricchiu’, come viene chiamato dai suoi studenti, è Michele (Beppe Fiorello), insegnante di educazione fisica al liceo con un segreto nel passato che lo ha portato lentamente a chiudersi sempre più in se stesso fino a diventare apatico e indifferente alla vita. Fatima (Cristina Parku) è invece una ragazza italiana di origine pakistane che si interroga sul suo posto nel mondo e coglie l’opportunità di una maratona per poter capire meglio chi è. Esordio alla regia nel lungometraggio di Mario Vitale (Il tuffo, il bellissimo Al giorno d’oggi il lavoro te lo devi inventare e Prenditi cura di me), L’afide e la formica prende forma sul corpo dei suoi attori, e ne segue le ellissi emotive: fin dalle prime inquadrature ognuno ha il suo ritmo, il suo respiro e la sua giusta simmetria in un classico racconto di formazione.
E proprio in questo, l’emergente Vitale è bravo a perdere i suoi vezzi d’autore – particolarmente apprezzati nelle sue opere precedenti, con suggestioni che andavano da Sorrentino a Refn – mantenendo l’eleganza dello sguardo per asservirsi ai suoi interpreti che segue con uno sguardo attento e mai banale. Così come con la stessa mancanza di ovvietà riesce a restituire un sud che si declina in modalità nuove e più vere rispetto allo stereotipo da grande schermo: L’afide e la formica tiene sempre il controllo sulle sue sottotrame e mostra mille rivoli, tra la piccola criminalità di paese, l’inclusione, la solidarietà, l’importanza di venire a patti con il passato e le radici.
Perché se in quasi tutte le produzioni calabresi sembra essere necessario mostrare il binomio mediaticamente inscindibile tra storia ambientate nella regione e malavita organizzata, l’esordio di Vitale sembra volersi sottrarre a questa necessità lasciando la criminalità in sottofondo, alla stregua di un sostrato culturale da cui la sceneggiatura sembra non potersi esimere ma che non prende più spazio del necessario, lasciando le sue stimmate nell’evoluzione psicologica del personaggio di Beppe Fiorello.
Ed è proprio un film di radici, L’afide e la formica: quelle di Fatima (Cristina Parku), che si sente soffocata in un limbo tra paese d’origine e Italia; quelle di Michele (Beppe Fiorello), che è abbandonato dalla moglie e rifiutato dagli studenti, intrappolato e incattivito mentre si lascia affondare; ma forse soprattutto le radici del regista. Che dimostra un amore per la terra nel senso più cinematografico possibile quando sa prendere il meglio dalla location (la sua città, Lamezia Terme) e declinarlo secondo il suo sguardo, ritagliando luoghi e spazi che vivono in simbiosi con i protagonisti e che non sono mai scelti a caso, ma soprattutto rendendo le strade e i paesaggi parte integrante del racconto, a fare da cornice e sfondo e colonna sonora all’evoluzione dei personaggi.
Mario Vitale prende allora la giusta distanza dalla sua storia e dalle suggestioni da cui nasce (la sceneggiatura scritta insieme a Francesco Governa e Josella Porto) solamente suggerendo quello che non ritiene opportuno centrare con il suo obiettivo – e qui è ottimo il lavoro di insostenibile leggerezza fatto da Alessio Praticò -, e lasciando centrale quell’enigma che lega Michele ed Anna (Valentina Lodovini) risolto solo in parte nelle sequenze conclusive che conducono ad un finale semi aperto che dà aria e ariosità alla storia. Nonostante allora la struttura da fiction il film tiene alta l’attenzione di chi guarda rispettando i canoni del genere ma rimanendo sospeso a mezz’aria, tra il noir esistenziale (in questo senso, ottimo il lavoro fatto dalla fotografia nelle scene notturne, con gli attori che si muovono in una bruma dell’anima) e il coming of age.
L’afide e la formica raggiunge il suo traguardo con sobrietà, senza abbandonarsi a presunzioni o ambizioni eccessive, mostrando l’energia del suo autore e la sua sobrietà professionale, e che sa appassionare anche raccontando paralleli e metafore non originalissime con una sincerità da non sottovalutare nel panorama delle produzioni targate Rai Cinema. Eccezionale il lavoro fatto da e su la Parku: da esordiente assoluta interpreta con straordinaria intensità le sfumature di Fatima con una freschezza naturale.