L’hotel degli amori smarriti recensione del film di Christophe Honoré con Chiara Mastroianni, Vincent Lacoste, Benjamin Biolay e Camille Cottin
L’hotel degli amori smarriti è l’ultimo film di Christophe Honoré, una sorta di pièce teatrale che si svolge in una sola notte.
L’opera affronta un tema che seppur blasonato, resta quello più efficace per emozionare lo spettatore: l’amore e il tradimento. Maria (Chiara Mastroianni) è un’avvenente professoressa universitaria che, senza scrupoli, seduce molti degli uomini che incontra, specialmente suoi studenti. L’unico inconveniente che però la stessa Maria non sembra considerare è Richard (Benjamin Biolay), suo marito da oltre 25 anni.
Il problema di Maria e Richard è che non viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda, scoperto il tradimento, Richard, non riesce a crederci e ne rimane deluso; per Maria invece non c’è nulla di anormale, il tradimento è necessario per far durare una coppia sposata.
Adesso il loro equilibrio di coppia è svanito, Maria crede che potrebbe essere l’occasione giusta per mettere alla prova il loro matrimonio e capire soprattutto se oltre alla routine e alla monotonia di coppia, esista ancora uno spiraglio di amore.
L’hotel degli amori smarriti è l’Hotel Lenox Montparnasse, che destino volle, sia proprio di fronte il loro appartamento. Maria nella notte scappa di casa e prende una camera d’hotel, dalla quale potrà vedere cosa accade a Richard nella casa di fronte.
Da questo momento in poi il film apre le porte ad una storia corale, dove i personaggi principali saranno il tempo, i sentimenti, i ricordi, i desideri e i rimpianti.
Maria si trova a rivivere una notte magica, dove avrà la possibilità di guardare se stessa e il suo matrimonio con occhi diversi, trovarsi faccia a faccia con i suoi errori e le sue volontà. Vedrà il Richard (Vincent Lacoste) di cui si era innamorata vent’anni fa e la sua amata insegante di pianoforte Irène (Camille Cottin), tutti i suoi amanti e le sue scelte passate, rivivrà la passione del rapporto con Richard a vent’anni e vedrà la vita che lui avrebbe potuto avere con Irène.
L’hotel degli amori smarriti permette al regista Christophe Honoré di creare una messa in scena teatrale che va nel profondo dei sentimenti dell’animo umano in un momento così delicato come il tradimento o la fine di una lunga storia “d’amore”, riuscendo però a non cadere mai nella lacrima facile, nel dramma o nella commiserazione.
La vicenda, data dalla monotonia di personaggi e location, non spicca mai il volo, rende il film poco coinvolgente e privo di momenti topici; è la regia il valore aggiunto del lungometraggio: Christophe Honoré mette in scena dei particolari raccordi e movimenti di macchina, l’uso preponderante della plongée che svela le ambientazioni sottolinea l’aspetto teatrale del film.
L’hotel degli amori smarriti è il luogo ideale per mettere in scena una storia surreale, l’Hotel Lenox è esattamente di fronte il loro appartamento, che si trova al primo piano, al di sotto del quale non poteva non esserci un cinema.
Con questi due non-luoghi, Honoré vuole già far capire allo spettatore che la storia che sta per vedere è finzione, è ciò che accade quando ci si lascia avvolgere dall’immaginazione che solo un racconto cinematografico può darci.
L’hotel degli amori smarriti fa brillare Chiara Mastroianni la quale riesce a interpretare magnificamente questo ruolo da protagonista assoluta, un personaggio particolare e imprevedibile, la donna che tutte vorremmo essere ma che probabilmente non saremo mai.
Purtroppo però, il film è un climax discendente: la scena iniziale, l’uso del voyeurismo e i dialoghi danno i presupposti per un film carismatico e brillante, dopo due minuti sappiamo esattamente chi è Maria, e ci piace; poi però la storia diventa fiacca e prevedibile.