L’ombra di Goya recensione docufilm di José Luis López-Linares con Jean-Claude Carrière, Carlos Saura e Julian Schnabel
Presentato al 75esimo Festival di Cannes, L’ombra di Goya è il nuovo documentario di José Luis López-Linares. Distribuito da Nexo Digital, il documentario esplora la statura artistica del pittore spagnolo Francisco José de Goya y Lucientes, unanimamente riconosciuto come uno dei primissimi artisti moderni.
Tante voci per un artista unico
La produzione di Francisco José de Goya y Lucientes è a dir poco eccezionale. Pittore, ritrattista e incisore, l’artista originario di Fuendetodos ha vissuto in due secoli molto particolari: il 18esimo, ancora segnato dalle iprocrisie storiche dell’ancien régime, e il 19esimo, ribollente di novità e gravide angosce esistenziali. Un testimone credibile del suo tempo, dunque. Un genio che con il suo talento ha affascinato diverse generazioni; basti pensare a opere come la Maja vestida, la Maja desnuda, Il sonno della ragione genera mostri e Saturno che divora i suoi figli, capolavori ripresi da López-Linares in tutta la loro essenza.
Eppure, la sola macchina da presa non sarebbe di certo bastata a rivelare la complessità di un artista di questa levatura. Per questo motivo, il regista spagnolo sceglie di integrare nel suo lavoro le voci più disparate: danno il loro contributo registi apprezzatissimi come Carlos Saura e Julian Schnabel, un musicologo di caratura mondiale come Luís Antonio González Marín, e addirittura un otorinolaringoiatra, interpellato da López-Linares per riflettere sulle conseguenze artistiche che la sordità può avere sulla psiche di un uomo. L’ombra di Goya, però, non può prescindere dalla voce forse più autorevole di tutte: quella del grande cineasta Jean-Claude Carriére.
L’autorevolezza di Carriére
Recentemente scomparso, Carriére accompagna anche fisicamente lo spettatore in un viaggio attraverso la Francia e la Spagna, ripercorrendo le orme e, appunto, le ombre lasciate dal grande artista. Partendo dalle opere più conosciute di Goya, le riflessioni di Carriére sono fondamentali per indirizzare il documentario su binari specifici che sembrano condurre ad una comprensione molto più particolareggiata della visione dell’artista spagnolo. Di conseguenza, cinema, letteratura, studi antropologici e psicanalitici si fondono in modo assai naturale, creando una sorta di pamphlet visivo in grado di stimolare in ogni momento l’attenzione dello spettatore.
Punto forte del film è di certo la conoscenza pressoché enciclopedica di Carriére, il quale diventa testimone perfetto per ragionare sull’universalità di Goya. Soprattutto, colpiscono le varie associazioni che permettono allo sceneggiatore di avvicinare l’artista ad un surrealismo di tipo bretoniano. Avendo del resto collaborato con il regista di Un chien andalou in capolavori come Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà e Quell’oscuro oggetto del desiderio, Carriére si rivela oltremodo necessario per unire le due poetiche di Goya e Buňuel che pur sostanzialmente diverse, hanno saputo affrontare con grande slancio artistico le ipocrisie delle rispettive epoche storiche.
Tra pittura e cinema
Ma i motivi per godersi un documentario come L’ombra di Goya non finiscono qui. Oltre alla piacevole fluidità del montaggio dello stesso López-Linares e alla narrazione quasi ipnotica di Carrière, risulta ben sviscerato il carattere estrinsecamente cinematografico della variegata produzione di Goya. Molto felice la scelta di soffermarsi su Il 3 maggio 1808, dipinto che raffigura il drammatico sacrificio dei patrioti spagnoli fucilati dalle truppe napoleoniche. Articolandosi secondo le tre classiche scansioni temporali – passato, presente e futuro -, il capolavoro di Goya esemplifica in modo perfetto una certa narrazione della storia dal sapore inaspettatamente cinematografico.
In definitiva, L’ombra di Goya è un’operazione assai colta, felicemente concepita per soddisfare soprattutto i palati più esigenti. Strutturalmente simile ad uno dei suoi lavori più apprezzati, ovvero Bosch – Il giardino dei sogni, incentrato sull’artista fiammingo Hieronymus Bosch, López-Linares firma un documentario che riesce a riportare alla luce tutte le meraviglie e le inquietudini di un maestro immortale. E non solo; favorito dalle testimonianze pertinenti di grandi intellettuali, esso rivela quanto le arti visive – tanto la pittura quanto il cinema – possano definire compiutamente qualsiasi epoca storica. E durare per sempre.