La chiamata dal cielo recensione film di Kim Ki-duk con Zhanel Sergazina, Abylai Maratov, Seydulla Moldakhanov e Aygerim Akkanat
I titoli di coda de La chiamata dal cielo – Köne taevast, presentato nella sezione Fuori Concorso a Venezia 79, vengono introdotti da un cartello che riconduce il film a un tributo in onore di Kim Ki-duk. Scomparso prima che fosse completo, il regista coreano ha trovato nei suoi ultimi e fidati collaboratori gli artefici di un montaggio che prova ad organizzare e rispettare le sue ultime suggestioni. A pensarci bene, più che tributo, sarebbe meglio parlare di compimento della missione cinematografica di un uomo votato al cinema, con tutti i limiti del caso specifico.
Buffo come, al tramonto dei suoi giorni, un anziano ritorni con le immagini al furore dell’adolescenza e all’energia caustica di questa stagione dell’amore. Non si può porre rimedio al tempo, ma uno dei poteri del cinema è trovargli una nuova organizzazione in una dimensione transitoria ma non meno importante. La giovane donna (Zhanel Sergazina) riceve l’opportunità di vivere in una tormentata notte la giornata che decreterà la sua prima infatuazione. Non ha filtri, non ha riferimenti, non riesce a fare meno di vivere fino in fondo il fuoco sacro delle pulsioni terrene. Liberare i sensi vuol dire godere ma soprattutto soffrire, sembra riflettere Kim Ki-duk, con un bianco e nero che lo rimarca in maniera soffocante.
Diversi elementi sottolineano costantemente la dimensione onirica – il nome del bar, la misteriosa figura all’altro capo dello smartphone – ma quello che sembra più importante è l’inerzia con cui l’essere umano scivola negli stessi vicoli ciechi in cui ha già avuto modo di finire. La preconizzazione offerta dal dio-regista si risolve in un risveglio cromatico al termine della notte, in cui sembra andare tutto come previsto ma in cui c’è una consapevolezza nuova delle soglie da dover affrontare.
Il meccanismo è quello dei giochi a premi in cui si offre al partecipante la scelta di decidere il proprio destino, portando a casa un bottino certo ma esiguo piuttosto che l’intera e in bilico posta in palio. La chiamata dal cielo suggerisce che, quando c’è in ballo il compimento del desiderio, nessuna prospettiva ci trattiene dall’affogare prima di imparare a nuotare.