La profezia del male recensione film di Spenser Cohen e Anna Halberg con Harriet Slater, Adain Bradley, Avantika e Jacob Batalon
di Giovanni Pesaresi
Alla ricerca di alcolici in una casa che hanno affittato per una festa, alcuni amici si imbattono in un vecchio mazzo di tarocchi. Usando le carte misteriose, scatenano inconsapevolmente la terribile minaccia che è imprigionata nel mazzo.
Uno dopo l’altro, i protagonisti dovranno affrontare il loro destino in una sfida contro la morte per sfuggire al futuro predetto nelle profezie dei Tarocchi.
Difficile trovare le parole per descrivere questo esordio pigro e privo di ambizioni, che disattende quasi del tutto le aspettative già non altissime per questo titolo firmato Screen Gems.
Liberamente tratto dal romanzo Horrorscope di Nicholas Adams, La profezia del male di Spenser Cohen e Anna Halberg si rivela sbagliato su tutti i fronti, con i due registi che prendono troppo sul serio la (loro) sceneggiatura sgangherata per riuscire a ottenere un qualcosa di minimamente gradevole.
Peccato, perché Cohen e Halberg avevano realizzato, sempre “a quattro mani”, l’ottimo cortometraggio Blink, che in una decina di minuti realizzava un lavoro di gran lunga più onorevole di questo.
In questo lungometraggio di quel fortunato corto non resta né l’inquietante suggestione, né la relativa originalità dell’idea. Qui di idee originali neanche l’ombra, con i registi che attingono un po’ dalla saga di Final Destination, un po’ dal più recente – e decisamente superiore – Talk to me.
Quello che stupisce di più, in negativo, di questo horror è la mancanza ingiustificata di cultura cinematografica, l’assenza totale di riferimenti e di maestri. Tutto questo, combinato con espedienti visivi scontati e con una trama dai risvolti prevedibili – quando non imprevedibilmente stupidi – dà vita a un prodotto vuoto e inutile.
Anche i topos del cinema horror (la casa, la metropolitana), pur presenti, non sono valorizzati, a causa di una regia indolente e svogliata, quasi rassegnata. Una mediocrità che si manifesta in ogni singola inquadratura. Ma è in particolare la scrittura a superare più volte il limite dell’idiozia e del ridicolo: dire e fare continuamente cose fuori luogo sembra essere la caratteristica imprescindibile di ogni personaggio.
I nostri giovani eroi hanno tantissime idee, ma non c’è n’è una che abbia senso. Unica nota positiva la povera Harriet Slater, che interpreta Haley. Si vede che ci prova, ma è ingabbiata in una sceneggiatura irrazionale. Jacob Balaton, il Ned Leeds di Spiderman, cerca di barcamenarsi nei panni di uno dei personaggi più inopportuni, inconcludenti e mal scritti della storia del cinema horror recente. Fallendo miseramente.
Spenser Cohen e Anna Halberg, all’esordio sul grande schermo, si limitano a mettere in scena una sequela di luoghi comuni, senza mostrare quell’amore per il cinema che ci si aspetterebbe da chi affronta questo genere. Il risultato è un esordio da dimenticare,
l’ennesimo film horror privo di sostanza che non riesce né a infondere timore, né intrattenere, né far sorridere, risultando così uno spreco per lo spettatore.