La sottile linea rossa recensione film di Terrence Malick con Sean Penn, Adrien Brody, Jim Caviezel, Ben Chaplin, George Clooney e John Cusack
La sottile linea rossa di Terrence Malick non è un semplice film di guerra, ma è molto di più, differenziandosi da un altro titolo uscito nello stesso anno, Salvate il soldato Ryan, un film di anti-guerra, filosofico, puro, che critica gli orrori della guerra e la malignità dell’uomo, portando i soldati ad avere tormenti interiori e paure ad affrontare il conflitto.
Nell’opera tra le varie vicende il regista si sofferma su tre in particolare: quella del soldato Witt (Jim Caviezel), che prima diserta e si rifugia fra gli indigeni melanesiani per poi far ritorno alla compagnia e sacrificarsi per i propri compagni, instillando più di un dubbio nel cinico sergente Welsh (Sean Penn), suo diretto superiore; quella del soldato Bell (Ben Chaplin), che non sopporta la forzata lontananza dalla moglie dalla quale alla fine verrà lasciato tramite una lettera che gli annuncia il divorzio; infine lo scontro fra il colonnello Tall (Nick Nolte) e il capitano Staros (Elias Koteas), che rifiuta di mandare i suoi uomini in una missione suicida e che per questo verrà sollevato dall’incarico e sostituito dal tenente Band (Paul Gleeson).
Nella prima vicenda vediamo il giovane soldato Witt, disertore, che si rifugia nel villaggio indigeno nella tranquillità e purezza della natura, nella calma delle onde, nei sorrisi dei bambini che gli portano le conchiglie, piccoli ma grandi gesti di una popolazione pacifica e buona. Ma quando Witt si gode tutto questo vede una nave dell’esercito dove incontra il sergente Welsh, che all’inizio non lo vede di buon occhio ma, dopo averlo conosciuto e creato un legame di amicizia profondo, capisce la vera personalità del giovane, che si apre spiegando il suo carattere e le sue paure di essere “solo in mezzo alla gente”.
Alla fine del film Welsh espone uno dei monologhi più belli in cui è presente una frase unica e poetica dedicata proprio a Witt.
Subito dopo passiamo al soldato Bell affranto dalla mancanza della moglie, del suo legame affettivo più profondo, un uomo debole, pieno di insicurezze che venivano eliminate dalla moglie in cui lui trovava protezione, arrivando a sognarla sulla spiaggia in mezzo al mare.
Purtroppo per Bell il sogno di ritornare da sua moglie verrà infranto perché lei si separerà da lui, lasciandolo solo dall’altra parte del mondo a combattere una guerra che a lui non era mai interessata, perché nella sua testa voleva solo ritornare dalla sua amata.
Infine passiamo all’ultima vicenda, non per importanza, ovvero quella tra il colonnello Tall e il capitano Staros, due personaggi con caratteri diversi. Il colonnello Tall, affamato di rivincita e di rilancio verso la sua carriera mai decollata, arriva a partecipare ad una guerra in età avanzata pur di fare carriera, invidiando il generale Quintard (John Travolta) per il suo ruolo e dimostrando forte rancore per la scelta del figlio di fare il “venditore di esche da pesca”. Dall’altra parte il capitano Staros di origine greca, un personaggio intelligente ma debole, molto umano e sensibile verso i suoi uomini, che disobbedirà al suo colonello per la vita dei suoi soldati.
La pellicola di Terrence Malick funziona dannatamente bene per il suo ampio raggio d’azione, per le sue ambizioni, per il suo grande cast di ensemble, perché non si impantana (troppo) nelle vite personali di questi soldati ma preferisce concentrarsi sui pericoli immediati che li circondano tra il meglio e il peggio dell’umanità che ne esce.
La sottile linea rossa è un’opera unica, troviamo riferimenti alla vita, al male, viene citato Heidegger di cui lo stesso Malick è studioso, realizzato a distanza di vent’anni dalla sua ultima pellicola, I giorni del cielo. Alla notizia del progetto ad Hollywood centinaia di attori si proposero per una parte nella pellicola, alcuni anche dichiarando di recitare gratis pur di entrare nella grandiosa produzione di Malick, piena di stelle con ruoli maggiori e minori, semplici comparse o addirittura tagliate in post produzione e quindi nemmeno citate nei titoli di coda, dato che all’inizio Malick voleva girare un’epopea di sei ore ma la produzione glielo vietò riducendone la durata a tre.
Quest’opera segna l’inizio del percorso di Malick nell’analizzare il viaggio della vita: egli e la natura, egli e le voci fuori inquadratura sono la stessa cosa, un filo perfetto che oscilla e trasporta lo spettatore durante tutto il film mettendolo a proprio agio attraverso un meraviglioso capolavoro. La sottile linea rossa esplora l’essere umano, confronta l’immensità e l’onnipotenza della natura con un migliaio di uomini che sembrano letteralmente il nulla, schiacciati sotto il peso di un enorme albero come dei pulcini.
Non siamo niente, la nostra fine arriverà come la nostra nascita, tutti moriranno e tutto intorno a noi sarà nell’indifferenza.
Dopo ventiquattro anni La sottile linea rossa rimane uno dei film più importanti del genere bellico e soprattutto la rinascita di un regista come Terrence Malick, enigmatico e misterioso ma allo stesso tempo poetico e filosofico nel farci riflettere su quanto possa essere orribile la guerra.