La Treccia recensione film di Laetitia Colombani con Kim Raver, Fotinì Peluso, Mia Maelzer, Sajda Pathan e Avi Nash
di Romina De Simone
La Treccia della regista Laetitia Colombani, tratto dal suo omonimo romanzo “La Tresse”, è una pellicola d’una bellezza prorompente, non solo dal punto di vista narrativo ma anche da quello filmico, caratterizzata da una tensione lirica costante che non annoia mai fino all’ultimo respiro, o meglio diremmo fino all’ultimo frame.
Le musiche che compongono la colonna sonora risultano particolarmente suggestive e, ai titoli di coda, scopriamo che sono state realizzate dal Maestro Ludovico Einaudi.
Il libro e il film della Colombani narrano la storia di tre famiglie e, in particolare, di tre donne, le cui vite si intrecciano misteriosamente tra loro senza che lo sappiano, come le tre ciocche di capelli necessarie a realizzare qualsiasi tipo di treccia.
A livello filosofico potremmo dire che è un film sull’Asse del Destino che, partendo dalla prima storia, va poi a influenzare la seconda fino a modificare la terza ed ultima vita ivi descritta.
Dal punto di vista tecnico il montaggio risulta perfetto. Ciascuna storia si interseca magistralmente con l’altra.
Il film si apre in India, nel villaggio di Badlapur in Uttar Pradesh, con la storia di Smita, interpretata da un’eccellente Mia Maelzer. Lei, suo marito e la figlia appartengono ai dalit, ossia agli intoccabili dell’Induismo. A seguito di una pesante discriminazione subita dalla figlia Smita, rischiando la vita, fugge all’alba insieme alla bambina attraverso l’India per poterle concedere una vita migliore, lontano dal villaggio in cui sono stigmatizzate.
Percorre un viaggio denso d’insidie senza perdere mai la speranza, sorretta da una fede religiosa incrollabile. Le scene che la ritraggono sono particolarmente evocative, mostrando un mondo che sembra lontano, fondato su una fede religiosa millenaria. Esse ci restituiscono al contempo uno scenario di sopraffazione e povertà, confortato tuttavia dalla costante ricerca della magnificenza di Dio.
Diversamente dal libro ambientato a Palermo, la seconda vicenda si svolge in Italia a Monopoli. La talentuosa Fotinì Peluso è Giulia che, insieme al padre, dirige un’azienda artigianale che realizza parrucche utilizzando la tecnica della “cascatura”, ovvero conservando i capelli tagliati o caduti spontaneamente. Anche qui il dramma si insinua e la nostra protagonista, sostenuta da un’interpretazione commovente, intraprende un percorso di maturazione personale e indipendenza psicologica rispetto al volere della madre.
Il punto di raccordo con la storia precedente si trova nel suo innamorarsi a prima vista di un giovane uomo indiano, messaggero di realtà misteriose.
Infine il Canada vede come personaggio principale un’instancabile avvocato che ha immolato la sua vita alla carriera, trascurando in parte i figli. In quest’ambientazione la protagonista è Sarah interpretata da una straordinaria Kim Raver. Un evento inaspettato però la farà arretrare nelle proprie ambizioni e riflettere di più sul ruolo di madre.
Rispetto ai due racconti precedenti, qui il ritmo della regia appare più serrato e abilmente incastonato nel resto della narrazione filmica.
La Treccia è un toccante omaggio alle donne coraggiose. Tesse abilmente le storie delle protagoniste, ognuna delle quali affronta complesse sfide. Pur provenienti da culture diverse, sono accomunate da un filo conduttore di speranza e determinazione.
Un film commovente con un finale univoco di fiduciosa audacia nella riflessione che ogni nostra azione si riflette indelebilmente sulla sorte di qualcun altro, forse distante mille miglia da noi.
Da vedere assolutamente.