La vita invisibile di Eurídice Gusmão recensione del film di Karim Aïnouz con Carol Duarte, Julia Stockler, Gregorio Duvivier e Barbara Santos
Opera drammatica premiata al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard e diretta dal regista Karim Aïnouz, La vita invisibile di Eurídice Gusmão ruota intorno alla storia di Eurídice e Guida, due sorelle che oltre ad avere un forte legame di sangue sono anche grandi amiche e complici. Diverse sotto ogni aspetto, sanno come comprendersi e come aiutarsi a vicenda quando i genitori si oppongono ai loro desideri. Ma la vita delle due ragazze prende una piega completamente diversa dal previsto. Le loro esistenze vengono stravolte e causano un involontario allontanamento delle due. Una distanza fisica e psicologica che Eurídice e Guida non riescono a sopportare. Per questo cercano di fare tutto il possibile per ritrovarsi.
La pellicola inizia con una scena che sottolinea le sensazioni principali che accompagneranno il pubblico lungo tutto il film: inquietudine, ambiguità e tristezza. Fin dalla prima inquadratura questa sensazione di disagio investe lo spettatore quasi con violenza. Ciò contrasta fortemente con la bellissima fotografia che invece riesce ad ammaliare positivamente. I colori forti, decisi e ben curati della pellicola sono infatti un elemento portante di questa narrazione cinematografica.
Il prologo è rappresentativo e molto simbolico per quanto riguarda quella che sarà la divisione inaspettata che averrà tra Eurídice e Guida, dopo poco dall’inizio dell’opera. Fin dai minuti inizili, prima che le due sorelle si dividano, si possono inquadrare distintamente i due caratteri opposti dei personaggi. Sono due donne completamente differenti. Guida è una donna già sicura di sé, cosciente del suo corpo, non spaventata dal mondo intorno a lei, dall’idea di trasgredire. Eurídice è più chiusa nel suo mondo, nelle sue passioni, nella crescita delle sue capacità artistiche. La caratterizzazione dei personaggi è ottimale, probabilmente anche perché il soggetto deriva dall’omonimo libro di Martha Batalha.
La fotografia eccezionale (già accennata) enfatizza e mette in mostra i sentimenti dei personaggi al centro della storia. Tutte le scene sono caratterizzate da un utilizzo dei colori ben pensato: viola per la tensione e la timidezza di Guida nel momento di decidere di donarsi o meno; giallo per la paura di Eurídice mentre attende il ritorno notturno della sorella; rosso per la passione, l’attrazione fisica; le luci bianche, fredde per i luoghi austeri e spenti. I temi come sesso, corpo maschile e femminile e desiderio, vengono affrontati senza alcun pelo sulla lingua. Tutto viene mostratto con schiettezza, senca veli, senza “rendere romanzato” il messaggio che si vuole dare. La pellicola è un enorme grido di ingiustizia da parte di due donne messe al muro da una vita in cui sono incappate o per errore o per scelte di persone esterne o a causa del destino.
La vita invisibile di Eurídice Gusmão è un capolavoro dei nostri giorni, un idillio tra narrazione tragica ma avvincente, fotografia di qualità, attori dalle capacità recitative spettacolari e una regia che mantiene l’occhio del pubblico perennemente attento. Un film di qualità che merita di essere visto e non solo apprezzato, ma adorato.
Valentina