Le choix de Joseph Cross recensione film di Gilles Bourdos con Vincent Lindon, Emmanuelle Devos e Micha Lescot [RoFF19]
Un capocantiere riceve una telefonata e lascia il suo lavoro senza avvisare nessuno. Si mette in macchina e inizia a guidare. Lo chiama il collega. La famiglia. Il suo superiore. Una donna che sta partorendo. Joseph Cross sta andando verso un luogo che lo spettatore è portato a conoscere un pezzo alla volta, pur intuendo quasi subito quale sia la destinazione.
Una storia statica quella di Le choix de Joseph Cross, nuovo film di Gilles Bourdos con protagonista Vincent Lindon presentato alla 19° edizione della Festa del Cinema di Roma, nonostante sia tutta ambientata su un’automobile in corsa per le vuote autostrade di una Francia ipnotizzata dalla partita di calcio in televisione.
Non è un film che punta sul comparto visivo, nonostante potesse assolutamente appoggiarsi all’estro stilistico per venire meno a mancanze in altri campi. E la cosa non stupisce, dato che si tratta (i più attento lo avranno capito) di un adattamento del film di Steven Knight Locke, con protagonista Tom Hardy.
Bourdos esalta l’interpretazione subdurale di Lindon, nei panni di un uomo buono, ma anche vile, incrinato dall’ossessione per la mancanza di una figura paterna. Un uomo che si sta sgretolando; la cui vita va in pezzi nel giro di un viaggio notturno verso Parigi. Forse per questo è così ossessionato dalla buona riuscita del grattacielo che sta costruendo, un’opera che deve essere perfetta, perché sa molto bene che un singolo errore, anche la più piccola delle crepe, è in grado di far crollare l’intero castello.
Non vediamo il giorno, non vediamo altri comprimari. Il mondo esterno entra in quello spazio angusto lanciato sulla strada verso “la scelta” solo attraverso le chiamate telefoniche, mentre quello interno, invece, appare senza apparire, nei riflessi vuoti degli specchietti, nei monologhi del protagonista, nei sedili senza passeggeri.
Cross è da solo in questo viaggio, non ci può essere nessun’altro ad accompagnarlo. La decisione è sua e sua soltanto. Che sia quella giusta lo potrà giudicare solo il tempo. Nel veicolare questa solitudine Bourdos è stato un maestro. Avrà anche avuto la strada spianata, ma almeno non si è allontanato troppo dal percorso battuto.
Poteva rischiare di più? Poteva osare? Forse, ma ormai la scelta è stata presa. Non si torna indietro.
Una delle principali qualità di Le choix de Joseph Cross è quella di fare di un momento di transizione la sua stessa esistenza. Dove molti altri avrebbero tagliato per raccontare il dramma didascalicamente, Bourdos (e Knight, prima di lui) si ferma e fa a meno di tutto ciò che accade prima e dopo