Lee Jung-jae: intervista al protagonista di Squid Game durante l’incontro al Florence Korea Film Fest 2022 tra successo del cinema coreano e progetti futuri
Abbiamo avuto il grandissimo piacere di incontrare la star del cinema coreano Lee Jung-jae, famosissimo agli occhi del pubblico mondiale come protagonista della serie evento Squid Game, presente a Firenze per tenere una masterclass ed inaugurare la ventesima edizione del Florence Korea Film Fest, che a lui dedicherà anche una retrospettiva per sottolinearne i meriti come volto del cinema sudcoreano degli ultimi vent’anni, dai primi film realizzati ai grandi successi generazionali in Corea del Sud, per arrivare fino all’ultimo film Deliver Us from Evil.
È la star del momento e MadMass.it non poteva mancare: il nostro incontro con Lee Jung-jae, buona lettura!
Intervista a Lee Jung-jae, protagonista di Squid Game
Congratulazioni per questa stagione di premi, dagli Screen Actors Guild ai Critics Choice Award, dagli Asia Artist Awards agli Independent Spirit Awards.
Ti abbiamo visto poche settimane fa a Milano per la Fashion Week, eri mai stato a Firenze o è la tua prima volta? Qual è il tuo rapporto con la moda?
Lee Jung-jae: È la terza volta che vengo a Firenze, la prima e la seconda è stato per turismo. La prima volta in cui sono venuto Firenze mi è piaciuta così tanto da chiedermi se non dovessi venire a vivere qui. Questo mi ha fatto ritornare una seconda volta in città, viaggio in cui mi sono fermato per una settimana e in cui ho camminato molto, riuscendo ad apprezzare l’architettura e l’arte di Firenze. È un posto molto bello. Mi piace la moda, mi interessa questo ambito, ma chi mi conosce veramente lo sa: non è lo shopping che mi spinge a comprare vestiti ma il poter analizzare e vedere da vicino quella che è la bellezza in sé, osservare i dettagli, il colore.
Grazie al fenomeno globale di Squid Game sei diventato famosissimo, apprezzato e richiesto in tutto il mondo. Cosa ci diresti se ti chiedessimo di presentarti alla stampa e agli spettatori italiani?
Lee Jung-jae: Mi chiamo Lee Jung-Jae e sono un attore da trent’anni – ma non sembro così vecchio, giusto? Solitamente faccio film, partecipo a programmi televisivi, stavolta con Squid Game credo di essermi avvicinato di più anche a tutti voi.
Qui a Firenze siamo in un luogo d’eccellenza per il buon cibo ed il buon vino, come ti stai trovando?
Lee Jung-jae: Non so se lo sapete ma ho girato un film che si intitola Il mare e con questo nome ho anche gestito un ristorante per circa tre anni, periodo durante il quale ho apprezzato molto di più la cucina e il vino italiano.
Com’è stato questo inizio di anno negli Stati Uniti, quanti premi hai vinto?
Lee Jung-jae: All’inizio di quest’anno, grazie a Squid Game, sono stato molto in America e in giro, ho fatto molte interviste, sono stato molto indaffarato. Ho anche vinto premi importanti… credo tre, quattro, cinque (risate e applausi dai presenti)
Nella serie Squid Game alla fine il personaggio che interpreti è un piccolo grande uomo che si oppone alla crudeltà del sistema capitalistico. A tal proposito, sei contento di essere definito un eroe, del fatto che le persone per strada ti identifichino come tale? Come ti senti addosso questo personaggio?
Lee Jung-jae: Per me si tratta di un personaggio molto importante, e in realtà molto debole: all’inizio non agisce per aiutare gli altri, ma alla fine sì e la sua importanza sta proprio nella decisione di agire in questo modo. Passa dall’essere debole a essere forte e io sono stato molto contento di aver avuto la possibilità di impersonare un personaggio del genere, che mi ha fatto pensare al fatto che in questa società la collaborazione e l’amore sono una cosa essenziale. Tutte le persone vogliono essere aiutate e tutti noi, nel nostro, vogliamo aiutarne altre, è pur vero che in Squid Game vediamo molte scene di tradimenti e scene in cui le persone vengono aggredite, però, attraverso queste sequenze, possiamo pensare che le persone non credano in questi atteggiamenti violenti e, in fondo, pensano ancora che nel mondo ci sia del bene. Molti YouTuber, ad esempio, quando guardano questa serie hanno delle reazioni dove dicono “no, è sbagliato, questo non si deve fare”. Credo che le persone pensano che in questo mondo ci sia ancora una morale e il messaggio che la serie voleva rappresentare globalmente è stato trasmesso in maniera corretta: non incitare la violenza, ma contrastarla.
Già nel 2014 sull’onda del successo dell’industria cinematografica coreana si diceva che la Corea del Sud aveva il potenziale per far arrivare una serie di successo anche negli Stati Uniti, mancava solo il giusto metodo per distribuirla. Netflix in un certo senso ha colmato questa mancanza: secondo te adesso le piattaforme streaming, cambiando un po’ la struttura dei drama coreani, potrebbero cambiarne l’essenza? Come vedi in futuro il rapporto tra le piattaforme streaming e il K-Drama?
Lee Jung-jae: Sicuramente tramite Netflix o altre piattaforme tutti noi ci siamo potuti avvicinare ai contenuti coreani, che sono in distribuzione su queste piattaforme – e forse è anche grazie ad esse se oggi ci siamo incontrati in questo modo. Penso anche che delle piattaforme online possano beneficiare tutti i Paesi: in Corea possiamo vedere film italiani e in Italia potete vederne di coreani, ci sono poi Amazon Prime Video e Disney+, oltre a molte altre piattaforme che stanno lavorando e stanno continuando a lavorare in Corea del Sud. Una grande quantità di film sta aspettando: a causa della pandemia non sono ancora stati distribuiti e spero che tutte queste opere d’arte possano essere diffuse velocemente in modo da poterci incontrare di nuovo.
Quanto è importante venire a parlare della scena cinematografica coreana in un festival interamente dedicato?
Lee Jung-jae: Ci sono diversi festival in tutta Europa dedicati ai film coreani ma quello di Firenze è particolarmente famoso perché ha una sua storia alle spalle. Avevo già sentito di quanto Firenze fosse importante e volevo partecipare al Festival, in Corea quindi viene percepito un certo prestigio, molte persone vengono qui e sono molto contente di esserci. Oltre ad essere una città bellissima ci sono straordinarie persone che lavorano al Festival, quando tornerò in Corea del Sud sponsorizzerò questo evento e, nonostante sia qui per un periodo breve, cercherò di fare del mio meglio per rilasciare interviste, nella speranza di poter ritornare in futuro a Firenze.
Che cosa ne pensi e come vorresti rispondere alle polemiche che ci sono state nei confronti di Squid Game, che giudicano la serie molto violenta, visti anche gli episodi di emulazione della serie che si sono verificati tra ragazzi anche in Italia?
Lee Jung-jae: Intanto questa serie è in realtà dedicata ad un pubblico maggiorenne, non so come questi bambini possano aver avuto accesso alla serie e sono molto dispiaciuto nel sentire che i ragazzi fanno uso della violenza per imitare il gioco. Credo che serva un forte controllo e una diversificazione tra i programmi a cui possono assistere gli adulti e quelli che possono vedere i minori.
Hai interpretato moltissimi film in carriera, alcuni dei quali conosceremo grazie alla retrospettiva dedicata dal Festival, molti sono “introvabili” in Occidente. C’è un regista o uno sceneggiatore in particolare con cui aspiri a lavorare insieme per un futuro progetto cinematografico?
Lee Jung-jae: In Corea ci sono molti registi importanti, però per poter lavorare con loro bisogna ritrovarsi su diversi punti come la sceneggiatura ed il programma delle riprese, quindi non è facile trovare una collaborazione immediata per una sceneggiatura in particolare. Spero di poter lavorare in Italia con un buon regista e continuare ad avere rapporti con voi.
Saresti interessato a dirigere la tua carriera verso i film occidentali? Non tutti gli attori coreani hanno compiuto questa “transizione” da Oriente ad Occidente. Ti piacerebbe ricevere offerte di lavoro a Hollywood dopo i riflettori mediatici puntati da Netflix?
Lee Jung-jae: Penso da molto tempo di voler lavorare in un altro paese ma non deve essere per forza Hollywood. Viaggio molto, in molti paesi: quando sono qui in Italia penso che sarebbe interessante girare qui una determinata scena, mi capita in molti paesi europei di pensare a quanto sarebbe bello girare qui o lì. Sicuramente Hollywood è la Mecca del cinema, non lo nego, ed è un luogo molto importante: tutti vogliono andare a girare film là. Io, però, vorrei fare qualcosa di più particolare, qualcosa che abbia a che fare con le persone, parlare con loro e superare i confini delle nazioni, creare un collegamento tra l’Asia e l’Europa e continuo a pensare di voler girare un film in questo modo.
C’è una scena o un gioco di Squid Game a cui sei più legato o ne hai uno preferito? Parteciperai a qualche film horror o ce n’è uno in particolare che ti ha spaventato?
Lee Jung-jae: Io non guardo generalmente i film horror, mi fanno molta paura! In realtà ho giocato a tutti i giochi di Squid Game, sono giochi tradizionali che tutti i bambini in Corea hanno sperimentato da piccoli. Dovendone però prendere uno in particolare, sceglierei il gioco Dalgona, il gioco della caramella, in cui se vinci puoi proseguire la partita all’infinito perché te ne viene dato uno nuovo ed è un gioco commestibile (ride).
Durante i tuoi trent’anni di carriera quale tra i personaggi che hai interpretato hai apprezzato di più?
Lee Jung-jae: Una volta mi hanno chiesto quale fosse il mio hobby, ho risposto dicendo che il mio hobby consiste nell’accumulare personaggi. In realtà impiego molto tempo per scegliere i miei personaggi e sono tutti molto importanti per me. Molto spesso mi viene posta questa domanda, su quali siano i miei personaggi preferiti, se ce n’è uno in particolare che apprezzo di più. Rispondo sempre riferendomi al primo personaggio che ho interpretato nella mia carriera, nel film The Young Man, e sicuramente proprio questo film, anche se ero ancora un attore inesperto, è quello che più mi sta a cuore.
Quando hai letto la sceneggiatura di Squid Game hai pensato che il ruolo di Seong Gi-hun facesse per te? Ti aspettavi questo tipo di successo? A cosa deve la propria fama questa serie?
Lee Jung-jae: La prima volta che ho letto la sceneggiatura mi sono chiesto se fosse possibile realizzare una cosa del genere. I rapporti tra i personaggi sono molto intrecciati ed è difficile renderli bene, però ho pensato che se tutto questo fosse stato possibile da realizzare, allora avrebbe potuto essere qualcosa di buono. La prima volta che sono andato sul set ho visto un posto bellissimo e molto grande, molto dettagliato anche dal punto di vista artistico, molto curato. Penso che tutti i film, se realizzati con una cura del genere, possano essere apprezzati.
Hai mai avuto un attore di riferimento nel cinema sudcoreano?
Lee Jung-jae: In Corea ci sono molti attori ed ho guardato una grande quantità di film più vecchi, provando a recitare come loro e cercando di impersonarmi nei personaggi, chiedendomi che cosa avesse portato loro ad assumere una certa espressione o comportarsi in un determinato modo. Non possiamo prendere ispirazione dai soli attori: per questo vado molto spesso a concerti e spettacoli teatrali, per vedere anche come questi artisti lavorano, quali strumenti usano per esprimersi su qualcosa.