Les Promesses recensione film di Thomas Kruithof con Isabelle Huppert, Reda Kateb, Naidra Ayadi, Jean-Paul Bordes, Hervé Pierre e Laurent Poitrenaux
Le cattive promesse della politica
In anni recenti il cinema francese sembra essere davvero affascinato dalla dimensione microscopica della politica nazionale: quella che si gioca lontana dall’Eliseo, nei municipi e negli arrondissement parigini, ma la cui eco riesce ad arrivare fino alle alte sfere. Come in A casa nostra e Alice e il sindaco, al centro del film Les Promesses che apre la sezione Orizzonti di Venezia 78 c’è un sindaco, anzi una sindaca: a interpretarla è l’inossidabile Isabelle Huppert. Esperta delle vie non proprio cristalline della politica ma autenticamente vicina agli abitanti della cittadina che amministra, Clémence è al termine del suo secondo mandato da sindaca e ha promesso di lasciare il suo posto a una giovane delfina. Tuttavia desidera intensamente ottenere un ultimo successo prima di ritirarsi a vita privata, magari tornare a fare il medico: ottenere un finanziamento pubblico per ristrutturare un complesso popolare davvero malmesso in città.
In quel complesso è cresciuto Yazid (Reda Kateb), che ha troppa familiarità con il mondo delle case popolari e della piccola criminalità per credere davvero alle convinzioni della sua sindaca e del suo capo (è il suo assistente personale), eppure ammira Clémence (ed è palesemente attratto a lei) per il suo impegno cristallino e sobrio nell’agone politico. Tutto precipita quando arriva una chiamata inaspettata dall’Eliseo con la classica proposta che non si può rifiutare: un posto da ministra.
Il potere politico logora anche chi non lo vuole
Les Promesses è proprio incentrato sulla fascinazione che il potere politico esercita anche sulla persona più integerrima. Il film racconta l’infernale circolo vizioso che affronta ogni politico: per mantenere le promesse fatte al proprio elettorato è necessario ottenere sempre più potere, che però viene scambiato tra persone interessate ad un prezzo moralmente altissimo. Accecata dalla possibilità di portare la sua visione sobria e pragmatica a livello nazionale, Clémence non si rende nemmeno conto di quanto velocemente stia compromettendo la sua reputazione e la fiducia costruita in due lunghi mandati tra gli elettori e nel partito.
Forse è un po’ strano ma tutto sommato indicativo di come vadano le cose in Francia vedere tanti film in cui persone abbienti della sinistra progressista hanno a cuore il benessere della classe proletaria, ma stando al caldo delle loro ville borghesi. Les Promesses ricade decisamente nel novero di questo genere di film, ma propone una visione in cui c’è ancora spazio per la speranza di un mondo e una politica più giusta, a differenza dell’amarissimo Alice e il sindaco.
Se Isabelle Huppert è una garanzia e da sola rende il film valevole di visione, qui Reda Kateb riesce nell’incredibilmente impresa di metterla in ombra, interpretando il consigliere (talvolta l’angelo custode) sempre al suo fianco. È un personaggio accattivante il suo: Yazid è disincantato perché conosce la vita nei complessi che il suo capo vuole ristrutturare, ha in sé l’anima dell’animale politico (l’ammirazione per Barack Obama, faccia pulita e attitudine da squalo, la dice lunga) e non disdegna di fare i lavori sporchi per non costringere Clémence a scendere a patti con il suo ideale. Ciliegina sulla torta, tra i due c’è una tensione sensuale mai esplicitata, ma innegabile, che contribuisce a rendere la visione di Les Promesses sempre avvincente.