Limonov recensione film di Kirill Serebrennikov con Ben Whishaw, Viktoria Miroshnichenko, Masha Mashkova e Tomas Arana
Una delle grandi qualità del cinema (e dell’arte in generale) consiste nel riuscire a cogliere le occasioni che la realtà offre per poter attingere a nuovi soggetti.
Alla luce della recente situazione nell’est europa non poteva esserci momento migliore per portare su schermo la storia di Ėduard Limonov, scrittore e politico russo, rivale di Putin, venuto a mancare nel 2020.
Basandosi sul libro Limonov, biografia romanzata scritta da Emmanuel Carrère nel 2011, il regista russo Kirill Serebrennikov mette in scena la vita dello scrittore a partire dalla giovinezza, in cui era un teppista di strada in Ucraina, passando per gli anni trascorsi negli Stati Uniti fino al ritorno in Russia come attivista politico.
Un viaggio attraverso il tempo (oltre 60 di storia) e lo spazio (dal blocco sovietico agli Stati Uniti). Analizza le varie anime di una figura multiforme e fluida sia a livello professionale (oltre che scrittore e politico è stato anche maggiordomo) quanto sul lato sessuale (pur essendosi sposato giovanissimo con una donna, lo vediamo anche andare a letto con uomini).
Ad assolvere il duro compito di portare su schermo un personaggio tanto sfaccettato è Ben Whishaw, famoso presso il pubblico mainstream per aver interpretato Q nei film di James Bond con Daniel Craig. L’attore riesce a destreggiarsi tra le varie sfaccettature di Limonov, riuscendo anche ad assomigliargli fisicamente (soprattutto nella fase finale della sua vita) grazie a un buon make-up.
Nel tentativo di restituire la poliedricità e l’anarchia del protagonista, il regista Serebrennikov imbastisce una regia che cerca di variare in base al contesto della scena e che non abbia paura di essere esplicita, come dimostrato nelle scene a sfondo sessuale. Infatti, oltre ai rapporti con altre persone (messe in scena senza quel senso di autocensura che vediamo spesso in film per il grande pubblico) assistiamo anche a una scena di autoerotismo, solitamente ignorata dal cinema (tranne quello più di nicchia).
Ottimo anche il comparto sonoro, che riesce ad accompagnare ogni sequenza in maniera efficace, sia con la colonna sonora sia con l’uso di canzoni preesistenti.
La variabilità della regia è sia punto di forza sia punto di debolezza dell’opera, che da un lato si distanzia da vari biopic dal formato più classico, ma dall’altro non riesce mai a pungere oltre le singole scene. Vari sono i momenti citabili del film, ma nell’insieme sembra mancare una coesione tematica vera e propria.
Limonov è un film che vorrebbe essere anarchico e moralmente ambiguo come il suo protagonista ma che (al netto di alcune trovate visive e sonore degne di interesse) riesce nell’intento solo in parte, risultando meno pungente di quanto vorrebbe essere.