Madres paralelas recensione film di Pedro Almodóvar con Penélope Cruz, Milena Smit, Israel Elejalde, Aitana Sánchez-Gijón e Rossy De Palma a Venezia 78
L’inaspettato compagno Pedro
Il pubblico abituale di Pedro Almodóvar troverà in Madres Paralelas tutti i temi che lo hanno reso uno dei cineasti europei più amati dello Stivale. La vera sorpresa è piuttosto come il regista spagnolo utilizzi tematiche trasversali al suo cinema come la maternità e le dinamiche queer non tanto come punto focale della storia, quanto piuttosto come schermo abitudinario dietro cui nascondere gli elementi sorprendenti, quasi spiazzanti rispetto a quanto visto negli ultimi anni nel suo cinema.
Il precedente, bellissimo Dolor y Gloria sembra aver chiuso la parentesi autobiografica e incentrata sul corpo e sulla conoscenza dello stesso attraverso il dolore. Non fatevi ingannare del promo di Madres Paralelas: non è un ritorno ai suoi cult degli anni ’90, bensì una vera e propria svolta politica, in cui affronta a viso aperto i fantasmi della Spagna franchista.
La maternità come benedizione
Al centro della pellicola c’è Janis (Penélope Cruz) discendente di una stirpe di madri single e donne politicamente attive. A quarant’anni si ritrova incinta di un amante occasionale e considera l’evento una benedizione, mentre la giovane compagna di stanza in ospedale, la minorenne Ana (Milena Smit), considera la sua gravidanza una punizione. Tra le due novelle madri (e tra le rispettive madrine) si crea un legame inaspettato, nonostante l’abissale distanza sociale. Janis è una fotografa attivista con un passato strettamente connesso alla Spagna dittatoriale, mentre l’altra d’estrazione borghese, trascurata dai genitori e saldamente rivolta al futuro.
Oltre ai solidi ritratti femminili – su tutti quello di Penélope Cruz, a cui l’amico regista regala un ruolo da matriarca e capoclan – a convincere in Madres Paralelas è il messaggio politico inaspettato, enunciato forte e chiaro, che il film si porta dietro. In apertura di pellicola, quando Cruz discute il destino del nonno (ucciso e sepolto in una fossa comune dai militanti franchisti), il tema del rapporto tra la Spagna presente e il recente, efferato passato sembra totalmente marginale, salvo poi riemergere con prepotenza nella parte finale.
La guerra non finita
Durante il momento più drammatico del film Janis dice ad Ana che ognuno deve chiedersi da che parte stesse la propria famiglia durante il regime di Franco, un periodo che non può dirsi concluso finché i tanti scomparsi (circa centomila) rimangono ancora sepolti in fosse comuni in attesa di essere riaperte. Bisogna resistere alla tentazione di guardare al futuro senza aver chiuso i conti con il passato: la storia per Almodóvar non può essere messa a tacere, perciò Madres Paralelas la lascia emergere con forza al momento giusto, enunciata da attrici ricorrenti del suo cinema, intervallata dalla sua peculiare capacità di gestire un gran numero di product placement di lusso e di far rivivere in ogni casa, in ogni set, l’estetica vivida e colorata ormai associata a doppio filo con alla sua opera.
Un film intimo, personale e potentissimo come Dolor y Gloria lo si può fare forse una volta nella vita. Dopo The Human Voice, Madres Paralelas però conferma che il 71enne regista spagnolo è in stato di grazia e in piena fase rinnovativa del proprio cinema.