Mandibules recensione film di Quentin Dupieux con David Marsais, Grégoire Ludig, Adèle Exarchopoulos, India Hair, Roméo Elvis e Coralie Russier
Quando pochi mesi fa è uscito il brevissimo teaser trailer di Mandibules con una mosca gigante che si abbevera in una piscina, si è scatenata una certa curiosità per il film di Quentin Dupieux presentato Fuori Concorso a Venezia 77.
Jean-Gab e Manu (David Marsais e Grégoire Ludig) sono due amici scapestrati e ingenui a cui viene affidato il compito di portare una valigetta dal contenuto ignoto da un punto A a un punto B. Il piccolo inconveniente è che aprendo il portabagagli dell’auto su cui viaggiano i due trovano una mosca gigante, ma non si scompongono più di tanto. Decidono di addomesticarla, nascondendola ai vari personaggi che incontrano nella loro avventura on the road, ma – come si può immaginare – qualcosa non va come previsto.
La premessa della sceneggiatura è senza dubbio folle e surreale, ma sembra rendere omaggio ad un cinema vicino a David Lynch, Terry Gilliam o Michel Gondry, in cui fantasia e realtà si incontrano in modi originali e imprevedibili mantenendo il confine del verosimile in un bilico precario ma efficace. I dialoghi e i comportamenti bizzarri dei due protagonisti sono estremamente naturali, ma danno ritmo al film che nella sua durata ridotta intrattiene e diverte con semplicità. La sceneggiatura custodisce un’ironia genuina che arriva allo spettatore in modo diretto. Sembra quasi una versione di Paura e delirio a Las Vegas low budget, ma Jean-Gab e Manu sono dei soggetti fuori dal comune al naturale, senza bisogno di sostanze stupefacenti.
Menzione speciale per Adèle Exarchopoulos nei panni di un personaggio che, in seguito a un incidente, urla quando parla, aggiungendo comicità alla storia. Come un eco del mitico Gordon Cole di David Lynch in Twin Peaks. Se vi state chiedendo da dove viene la mosca gigante, come mai si trovi imprigionata in quel portabagagli o quale sia il suo ruolo all’interno della storia, non lo fate. Mandibules è uno di quei film che si ama o si odia, ma va preso per quello che è, a cuor leggero e con un pizzico di sana follia. Alla fine il messaggio è quello che conta: lo stile di vita “Hakuna Matata” che seguono i protagonisti, vivendo alla giornata senza alcuna preoccupazione, con il poco che hanno e lasciandosi andare a ragionamenti improbabili.
Dupieux confeziona una commedia degli equivoci leggera, solare e ai limiti della fantascienza rudimentale. Vincente la scelta di non ricorrere al digitale per realizzare la mosca gigante che mantiene una sua credibilità, nonostante l’assurdità della sua presenza.