La Silver Age, gli ammiratori illustri e le serie animate
Fu sull’onda del rilancio di DC Comics che prese il via la cosiddetta Silver Age dei fumetti, e Marvel assunse la fisionomia che ci è familiare: nel nome, perché nel 1961 Atlas Comics diventò a tutti gli effetti Marvel Comics, e nei fatti, in quanto in quest’epoca Stan Lee sviluppò la sua visione dei supereroi con superproblemi. Gli albi della casa editrice si arricchirono così di personaggi che, nonostante i loro poteri, consentivano ai lettori di immedesimarsi con loro: famiglie più o meno disfunzionali (I Fantastici Quattro, creati nel 1961 assieme a Jack Kirby), adolescenti con i turbamenti classici della loro età (Peter Parker/l’Uomo Ragno, co-ideato da Steve Ditko nel 1962, ma anche gli X-Men, apparsi nel 1963 grazie a Lee e Kirby), individui con personalità complicate (Bruce Banner/l’Incredibile Hulk, ancora con Kirby, 1962) e persone con disabilità (Donald Blake/Thor, creato nel 1962 da Lee, Kirby e Larry Lieber, fratello minore di Stan, o Charles Xavier/Professor X). Le storie erano ambientate per lo più nella New York ‘reale’.
A questi si affiancarono figure più ‘tradizionali’, come lo scienziato Hank Pym/Ant-Man (1962, Lee-Kirby-Lieber) e la sua compagna Janet van Dyne/The Wasp (1963, da Lee, Kirby ed Ernie Hart), nonché il magnate dell’industria delle armi e playboy Tony Stark/Iron Man (1963 grazie a Lee, Lieber, Kirby e Don Heck).
La Marvel di questo periodo non lasciò indietro i suoi successi del passato, ‘riciclando’ la Torcia Umana, in una nuova identità (Johnny Storm) che lo proponeva sia come membro dei Fantastici Quattro, che protagonista di avventure proprie. Nelle sue peripezie, Storm venne a contatto con i mai dimenticati ex-colleghi Captain America e Namor, che furono così riproposti al pubblico moderno.
Amazing tanto quanto Spider-Man fu l’impatto di questo slancio creativo, lanciando Marvel nel dibattito culturale, ispirando la pop-art di Roy Lichtenstein (che nel 1963 rielaborò una vignetta apparsa in X-Men per la sua opera Image Duplicator) e annoverando tra i suoi fan, a quanto pare, anche Federico Fellini, che nel 1965, a New York per presentare Giulietta degli Spiriti, avrebbe letto alcuni albi e conseguentemente insistito per visitare la sede Marvel su Madison Avenue (i resoconti sull’esito dell’incontro tra il regista e Stan Lee – quasi coetanei – sono alquanto variabili: secondo alcuni, si sarebbe trattato dell’inizio di una meravigliosa amicizia).
Inevitabile che a questo punto qualche produttore nel mondo dello spettacolo si interessasse ad estendere ad altri media le avventure dei supereroi: il più veloce fu Robert L. Lawrence, co-fondatore dello studio Grantray-Lawrence Animation, che si aggiudicò i diritti per realizzare alcune serie animate per la televisione. Il primo progetto a vedere la luce fu la serie The Marvel Super Heroes, che debuttò nel 1966 : 65 puntate di mezz’ora, costituite ciascuna da tre episodi, che raccontavano avventure incentrate su Capitan America, Thor, Iron Man, Hulk e Namor. Realizzata a bassissimo costo, usando per lo più storie e addirittura pannelli presi direttamente dai fumetti con l’aggiunta di un minimo di animazione, la serie aveva un formato tale da permettere di prendere singolarmente i singoli episodi e reimpacchettarli come riempitivo in altri contesti.
La seconda serie animata, trasmessa dal 9 settembre 1967 dalla ABC, fu Spider-Man, pure caratterizzata da un budget limitatissimo, che tuttavia non salvò Grantray-Lawrence dal fallimento: dopo la prima stagione, altre due furono realizzate da Krantz Film e prodotte da Ralph Bakshi, con tale economia di mezzi da riutilizzare, in parte, le animazioni di un’altra serie Krantz, Rocket Robin Hood. Pur se poco fruttuoso per i suoi realizzatori, questo primo Spider-Man animato ha lasciato il segno per almeno due motivi: l’immagine – oggi meme – degli Spider-Men che si puntano l’un l’altro col dito…
…e la sigla del cartoon, che resta tuttora il tema dell’Uomo Ragno, oggetto di cover da artisti di varia caratura, inclusi i Ramones e Michael Bublé – senza contare Homer Simpson. Il brano aveva un pedigree niente male: la musica era infatti di Bob Harris, che aveva scritto il tema di Lolita per Stanley Kubrick, e il testo di Paul Francis Webster, tre volte vincitore del premio Oscar per il Miglior Brano Originale (Secret Love per Calamity Jane/Non sparare, baciami! nel 1953, Love is a Many-Splendored Thing dal film omonimo nel 1955, e The Shadow of Your Smile da The Sandpiper/Castelli di sabbia di Vincent Minnelli, del 1965).
Apro una parentesi più personalmente nostalgica: entrambe le serie arrivarono anche in Italia un decennio dopo, all’interno della trasmissione Super Gulp!, inoculando la popolarità degli eroi Marvel nei bambini dell’epoca, che avranno per sempre scolpita nella memoria la sigla italiana, che aveva tutt’altra melodia: Spiderman ‘tu sei l’Uomo Ragno’, scritta e interpretata da ‘I Sorrisi’, ossia Shuki Levy e Haim Saban, con testo di Alberto Testa e Ciro Dammicco. Se il nome Saban vi dice qualcosa è perché più tardi Haim fonderà la Saban Entertainment, produttrice della versione americana dei Power Rangers e del cartone animato degli X-Men, e fonderà assieme a Rupert Murdoch Fox Kids. Saban e Levy continueranno il loro sodalizio musicale negli Stati Uniti, realizzando altre sigle di cartoni animati (di Levy sono per esempio il tema dell’Ispettore Gadget e quello di He-Man). Chiudo la parentesi.
Lo stesso giorno dell’esordio televisivo di Spider-Man, sempre su ABC arrivò la serie animata Fantastic Four, prodotta questa volta da Hanna & Barbera, con un totale di 20 episodi.
L’approdo al cinema per ‘i nostri eroi’ era ancora lontano, tuttavia Stan Lee rischiò di diventare sceneggiatore cinematografico con un progetto non legato a Marvel: verso la fine del decennio venne contattato da Alain Resnais (il regista de L’anno scorso a Marienbad e Hiroshima Mon Amour), che gli propose di collaborare per realizzare un lungometraggio; The Monster Maker, tuttavia, non parlava di supereroi, ma di un produttore cinematografico frustrato (ispirato a Roger Corman) ed ecologista, il quale, cercando di risolvere il problema dell’inquinamento e dei rifiuti, si ritrova a dover affrontare un mostro creato da un accumulo senziente di immondizia. Il film non si concretizzò mai (Lee ha raccontato questa vicenda – e l’incontro con Fellini – in un’intervista per Criterion).
La conclusione degli anni ’60 fu meno favolosa, e portò in Marvel grandi cambiamenti: a quasi trent’anni dalla fondazione di Timely Comics, nel 1968 Martin Goodman vendette Magazine Management al conglomerato Perfect Film & Chemical Corporation (poi ribattezzato Cadence Industries), che stava diversificando le sue attività, passando dalla vendita per corrispondenza di prodotti farmaceutici e la produzione e lavorazione di pellicole, al business dell’editoria.