Gli anni 2000 e l’alba di una nuova era
Se più di vent’anni prima il Superman di Richard Donner era riuscito a far credere al mondo che un uomo potesse volare, nel 2000 l’X-Men di Bryan Singer, prodotto da Lauren Shuler Donner (con il marito Richard produttore esecutivo), convinse che supereroi con superpoteri straordinari potessero finalmente essere portati sullo schermo. X-Men segnò l’esordio nel mondo dei cinecomics anche per il giovane assistente che aveva affiancato Shuler Donner durante la lavorazione di Vulcano e C’è posta per te, e che la produttrice volle al suo fianco anche in questa avventura: il ventisettenne bostoniano Kevin Feige.
La leggenda vuole che il neoarrivato, per svolgere al meglio il suo lavoro, si sia votato ad una full immersion nei fumetti Marvel, emergendone con una conoscenza tanto approfondita che Arad lo prese immediatamente sotto la sua ala, nominandolo suo braccio destro in Marvel Studios. Feige si guadagnerà su X-Men anche il primo accredito come Produttore Associato, diventando poi Produttore Esecutivo o Produttore per tutti i lungometraggi Marvel a venire.
X-Men inaugurò inoltre (se escludiamo il Tv Movie del 1989 The Trial of The Incredible Hulk) l’usanza, dapprima sporadica e poi religiosamente osservata fino a diventare quasi stucchevole, di garantire a Stan Lee un cameo nei film Marvel (indipendentemente dal fatto che avesse avuto un ruolo nella creazione dei personaggi protagonisti). Al box office il film quadruplicò il suo budget originale, ma solo una piccola parte dei guadagni entrò nelle casse di Marvel, che si affrettò a rinegoziare con gli Studios la sua quota dei profitti.
Gli anni successivi fecero la gioia degli appassionati di fumetti, portando al cinema, tra il 2000 e il 2005:
- i due sequel di Blade, prodotti ancora da New Line Cinema: Blade II di Guillermo Del Toro e il Blade: Trinity che promosse a regista David S. Goyer
- il lodatissimo X2, sequel di X-Men ancora di Bryan Singer, con sceneggiature di Mike Dougherty, Dan Harris e David Hayter (20th Century Fox)
- l’Hulk di Ang Lee con Eric Bana e Jennifer Connelly, per il quale la sceneggiatura di Michael France era stata a sua volta riscritta da James Schamus (Universal)
- gli stupefacenti Spider-Man e Spider-Man 2 di Sam Raimi (Sony/Columbia) con Tobey Maguire e Kirsten Dunst (e impreziositi da William Dafoe e Alfred Molina); per il primo lo sceneggiatore accreditato era David Koepp, il secondo era scritto da Alfred Gough, Mark Millar, Michael Chabon e Alvin Sargent
- The Punisher, diretto da Jonathan Hensleigh (che avrebbe dovuto inizialmente dirigere Hulk) e da lui scritto assieme a Michael France, con Thomas Jane e John Travolta (Artisan Entertainment)
- il Daredevil di Mark Steven Johnson con Ben Affleck, Jennifer Garner, Colin Farrell e Jon Favreau, ed il suo sequel Elektra di Rob Bowman firmato da Zak Penn, Stuart Zicherman e M. Raven Metzer (20th Century Fox)
- il Fantastic Four di Tim Story con Ioan Gruffudd, Jessica Alba, Chris Evans e Michael Chiklis (20th Century Fox), con sceneggiatura ancora di Michael France e una ri-scrittura niente meno che di Mark Frost (il co-autore di Twin Peaks); Raja Gosnell aveva alla fine declinato per dedicarsi allo Scooby Doo sceneggiato da James Gunn
Undici film in cinque anni, non tutti amati dalla critica, ma quasi tutti grandi successi al botteghino. Gli incassi attirarono l’attenzione di Stan Lee, che fin dai primi successi di Avi Arad negli anni ’90, non aveva, di fatto, più incarichi ufficiali (pur continuando a percepire uno stipendio annuale di un milione di dollari in qualità di ‘chairman emerito’); Lee si era dedicato invece alla sua società Stan Lee Media, fondata nel 1998, che aveva dichiarato fallimento nel 2001, con strascichi legali dovuti ai sotterfugi del suo socio Peter Paul.
Nel 2002, Lee lanciò un’azione legale contro Marvel, per un’infrazione di un contratto del ’98, che garantiva all’autore il 10% dei profitti ottenuti dall’azienda a seguito di adattamenti televisivi o cinematografici basati sui suoi personaggi: si trattava di fatto di una nuova versione delle accuse e rimostranze avanzate da decenni da diversi disegnatori e sceneggiatori di punta, ossia che Marvel usava appropriarsi dei diritti intellettuali delle opere, senza riconoscere royalties agli effettivi autori. Se nel corso degli anni la maggior parte di queste cause aveva visto vincitrice l’azienda, e ridimensionato i suoi ex-collaboratori a ‘manodopera a contratto’ che non poteva avanzare pretese sui suoi personaggi, questa volta il giudice diede ragione a Stan Lee, che si accordò con Marvel per un compenso – definitivo – di dieci milioni di dollari.
Marvel continuava comunque a lamentare il fatto che quasi tutti i profitti cinematografici restassero agli studios, e di non avere molta voce in capitolo nel pianificare film e personaggi, cosa che pure la danneggiava dal punto di vista economico (in pratica: senza film, Toy Biz non aveva nuovi giocattoli da vendere).
La soluzione a questo problema era, teoricamente, semplice: allargare ancora il raggio d’azione dell’azienda, arrivando ad occuparsi non solo delle fasi preliminari della realizzazione, ma di fatto produrre direttamente i propri film, affidandosi a studios esterni solo per marketing e distribuzione. Il difficile era metterla in pratica.
A risolvere il problema si presentò, nel 2004, il businessman David Maisel, che propose ad Avi Arad e Ike Perlmutter una strategia precisa; in cambio di un’assunzione come Chief Operating Officer di Marvel Studios, Maisel iniziò a coordinare l’operazione: la banca d’investimento Merrill Lynch avrebbe fornito 525 milioni di dollari a Marvel per la produzione di film che avessero un budget massimo di 165 milioni, e che avessero un rating almeno PG–13 (adatti ai minori di 13 anni se accompagnati da un adulto). Marvel non avrebbe avuto rischi finanziari diretti, ma avrebbe messo sul piatto i diritti cinematografici su dieci dei suoi personaggi: a guidare la lista c’era ancora una volta Captain America, seguito da una serie di personaggi considerati secondari, da Ant-Man a Doctor Strange, da Hawkeye a Shang-Chi, da Black Panther a Nick Fury, e ancora Cloak & Dagger e più genericamente i super-team Power Pack e The Avengers. L’allargamento degli orizzonti venne ufficializzato rinominando Marvel Enterprises a Marvel Entertainment. Maisel venne nominato dapprima vice-presidente del Consiglio d’Amministrazione di Marvel Studios, e poi CEO di Marvel Entertainment.
Anno 2005. Come primo protagonista di questo nuovo corso, si scelse un personaggio forse non di primissimo piano, ma che aveva il vantaggio di non essere ancora stato portato sul grande schermo (e, viene da pensare, in quanto ricoperto da un’armatura rigida avrebbe posto meno problemi nella realizzazione degli effetti speciali): Iron Man.
La scelta creò un problema aggiuntivo: non vi sarà sfuggito il fatto che Tony Stark e il suo alter-ego metallico non erano nella lista pattuita con Merrill Lynch. La banca non mancò di farlo notare, rifiutandosi di finanziare l’intero budget per il film. Maisel dovette ingegnarsi un altro po’ per trovare un finanziamento: Marvel avrebbe riacquistato i diritti di distribuzione per alcuni mercati stranieri da Paramount, per poi rivenderli anticipatamente ad un altro studio, assicurandosi il capitale aggiuntivo.
Marvel era finalmente indipendente e pronta per entrare ad Hollywood dall’ingresso principale, forte di quasi settant’anni di storia e di storie, e di una cultura del settore che considerava naturali i concetti di ‘crossover’ tra diverse testate e ‘team-up’ tra i loro protagonisti. Al di là delle rivendicazioni dei manager dell’epoca, ognuno dei quali ama prendersi il merito per la strategia adottata, l’idea di un universo cinematografico condiviso era semplicemente l’unica strada possibile; già nel 1998, per esempio, Stan Lee dichiarava, rispondendo ad un lettore: ‘Stiamo progettando di rendere ciascuno degli Avengers il protagonista di un film tutto suo. Ma, dopo che queste pellicole saranno uscite, di sicuro sarebbe super cool metterli tutti insieme in un incredibile mega hit!’.
L’idea del Marvel Cinematic Universe, insomma, è sempre stata presente. Ora, sarebbe stato possibile cominciare a renderla realtà.
(continua…)
Le fonti
- Marvel Comics – The Untold Story di Sean Howe
- L’ispirazione di innumerevoli articoli su Wikipedia, a cominciare da questo
- Indiewire: The Stan Lee and Alan Resnais movie that never got made
- New York Times: Alain Resnais – La garbage est finie
- Gone and Forgotten: Spider-Man: Rock Reflections of a Super Hero
- Dangerous Minds: Bill Murray as the Human Torch
- Memorable Tv: The Amazing Spiderman, 1978
- Jim Shooter: The Debut of Dazzler
- Variety: Cameron delivers Spider-Man script, Inside Move: Rights snares had Spidey suitors weaving, Marvel characters holding attraction for filmmakers, Spider-Man’s legal web may finally be unraveled, Marvel takes cue from its superheroes, Artisan deal a real Marvel
- Den Of Geek: The Doctor Strange movies that nearly happened, How Marvel went from bankruptcy to billions
- The Hollywood Reporter: Wesley Snipes Reveals Untold Story Behind His ‘Black Panther’ Film, Marvel Studios’ Origin Secrets Revealed by Mysterious Founder
- Screen Rant: Doctor Mordrid
- Fantastic Faux! – Los Angeles Magazine, Marzo 2005
- L.A. Times: A Tangled Web of Deal-Making
- Bloomberg: How Kevin Feige became one of the most powerful producers in Hollywood
- CNN: Marvel Goes Hollywood
- Bob Batchelor: Stan Lee Sues Marvel and Wins
- Reddit: Stan’s Soapbox – November 1998