Masquerade – Ladri d’amore recensione film di Nicolas Bedos con Pierre Niney, Isabelle Adjani, François Cluzet, Marine Vacth, Emmanuelle Devos e Laura Morante
Sole. Mare cristallino. Spiaggia bianca. Caldo estivo. Un hotel lussuoso a strapiombo sul blu nitido delle acque della Costa Azzurra. Adrien e Margot belli e innamorati. Un colpo di pistola nel posto soleggiato per anime ombrose.
Se questo è solo l’inizio dell’ultimo film scritto e diretto dal regista e attore francese Nicolas Bedos ‒ dopo il grande successo de La belle époque (2019) con protagonista la meravigliosa Fanny Ardant ‒ presentato fuori concorso alla 75esima edizione del Festival di Cannes, Masquerade – Ladri d’amore trova la sua forza narrativa nella parte centrale della storia. Flashback a forti tinte thriller si mescolano alla focosa storia d’amore che nasce da un colpo di fulmine di Adrien (Pierre Niney) per Margot (Marine Vacth). Un’attrazione fisica nata ad una sfarzosa festa in cui un incidente ha costretto il bel ballerino professionista Adrien a diventare il toy boy della gloriosa stella del cinema Martha (Isabelle Adjani), in una vita ormai ai limiti di qualche bicchiere di troppo.
Eppure, non è tanto l’ambientazione alla Il grande Gatsby (2013) di Baz Luhrmann sullo sfondo paradisiaco di Nizza a riempire gli occhi di papabile visto e rivisto di una trama intricata in cui si architetta un piano per derubare un ricco imprenditore, quanto il vorticoso intrecciarsi dei fatti costruiti su una buona sceneggiatura che non sbaglia una virgola. Azioni e reazioni incastonate per filo e per segno nel fil rouge dell’illusione, come fossimo protagonisti assoluti di una truffa presagibile nel suo minutaggio troppo lungo.
Giallo, drammatico, commedia sentimentale, mystery thriller e insieme ardente desiderio recitano sul palcoscenico della vendetta di Margot e Julia (Laura Morante) che orchestrano una messinscena spettacolare per (ri)avere indietro una vita migliore. Una vita che era stata strappata da denaro e violenze, adesso riscattate dal sorriso beffardo di chi merita la vita che ha sempre voluto per la propria bambina.
E i vari punti di vista dei personaggi, le testimonianze non dette in tribunale, parole camuffate solo per avere una piccola parte in questo fallace raggiro pensato per togliere di mezzo una volta per tutte uomini sfruttatori, sembrano dominati dall’ammaliante bellezza e bravura di Marine Vacth che muove i fili dei suoi burattini nel gioco metacinematografico. E apprezzabile o meno la cadenza italiana di Laura Morante che passa dal francese all’italiano con una certa facilità semplicistica, Masquerade – Ladri d’amore risulta essere una mascarade fatta di scelte stilistiche non propriamente originali che, tuttavia, prendono spunto da ben altri film ‒ vedi Ocean’s 8 (2018) di Gary Ross che con un grande cast al femminile ragiona in miglior modo sul marchingegno maniacale costruito per una scaltra rivalsa.
Se Masquerade – Ladri d’amore è ‘un omaggio a Nizza e alle fantasie che ispira: feste, follia immobiliare, nostalgia fitzgeraldiana […] Un film sul desiderio, sul denaro, sulla gloria e su tutte le nostre folli illusioni’ come afferma il regista, allora il film merita la visione seppur troppo estesa. Sui vari pezzi che compongono il puzzle della narrazione visiva sul grande schermo, c’è qualcosa da obiettare.