Maternal recensione del film di Maura Delpero con Lidiya Liberman, Denise Carrizo, Agustina Malale, Isabella Cilia, Alan Rivas, Livia Fernán e Marta Lubos
Uno dei primi film ad essere proiettati nell’ambito della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Alice nella Città, è stato Maternal. Maternal è il primo lungometraggio di finzione della regista molisana Maura Delpero, già apprezzata per i suoi documentari e cortometraggi. Prodotto nell’ambito di una co-produzione internazionale fra Italia e Argentina che ha visto coinvolta anche la sempre ottima Vivo Film, Maternal è ambientato in un orfanatrofio argentino gestito da suore in cui convivono, accanto ai bambini, anche le ragazze madri che li hanno partoriti.
Bisogna dire innanzitutto che questo non è un film di azione, ma di introspezione; e che è un film di caratteri, non di narrazione. La “storia”, in senso stretto, si sviluppa veramente solo nella parte finale del film, violando in parte le tradizionali regole della narrazione cinematografica. Il film si concentra su tre donne: due ragazze madri, Luciana e Fatima (Agustina Malale e Denise Carrizo), dal carattere opposto, e una giovane novizia italiana, Paola (Lidiya Liberman), destinata a prendere presto i voti perpetui. I rapporti che si vengono a creare fra le tre donne – Fatima è una ragazza responsabile e obbediente, Luciana è più ribelle al punto da abbandonare l’orfanatrofio e la figlia Nina per un ragazzo, durante la sua assenza Paola si affeziona a Nina – sono funzionali ad esplorare il tema della maternità. Maternal “è un film sulla maternità in senso lato: il maternage ossia il prendersi cura di una persona”, ha affermato la Delpero durante la presentazione.
Immagini splendide, molto “argentine” nei colori, ad opera del direttore della fotografia Soledad Rodríguez, fanno da sfondo a questo particolare racconto. Maternal è un film che non teme le elissi e che non cerca il sensazionale: né la fuga di Luciana, né le doglie e il secondo parto di Fatima sono rappresentati sullo schermo, se ne vedono solo le conseguenze e gli antefatti. Maternal non è del resto privo di leggerezza, né di complessità, anzi di “molteplicità” tematica: non mancano riferimenti – implicitamente critici – al concetto di “famiglia tradizionale” propugnato dalla Chiesa cattolica, e sorprendente introspezione psicologica è a Nina; è difficile dimenticare la breve scena in cui dopo che i bambini hanno dovuto fare un disegno per le proprie madri Nina esce in cortile e, silenziosamente, strappa il suo.
La regia è a volte marcatamente minimalista, si può avvertire che questo è il primo film di finzione di una documentarista; ma la tecnica è perfettamente proporzionata al racconto, e dall’altra parte alcune immagini – le molteplici posizioni assunte dalle suore quando Paola abbandona il convento, Paola in chiesa con Nina in braccio – sembrano provenire non da un film ma da un quadro, forse da un quadro sacro. Un uso moderato della musica, e la caratterizzazione non caricaturale delle suore sono altri punti a favore per questa interessante opera prima al femminile.
In Argentina il film sta per arrivare nelle sale; ancora non è stata annunciata la data di uscita italiana. Si spera vivamente – ma è una speranza ingenua – che Maternal non replichi il parziale insuccesso di Figlia mia, la bellissima opera seconda di Laura Bispuri che, nonostante il successo a Berlino e un cast che comprendeva Valeria Golino, Alba Rohrwacher e Udo Kier, ha riscosso magri incassi nelle sale italiane. Certo è che, senza (ancora) arrivare ai livelli della Bispuri o di Alice Rohrwacher, Maternal di Maura Delpero si inserisce in una schiera di film italiani caratterizzati da un comune female gaze; e questo non è da poco.
Ludovico