MaXXXine recensione film di Ti West con Mia Goth, Elizabeth Debicki, Michelle Monaghan, Kevin Bacon e Giancarlo Esposito [Anteprima]
Al fine di storicizzare con maggiore accuratezza un prodotto audiovisivo all’interno della vasta produzione cinematografica, i cosiddetti storici e teorici del cinema hanno da sempre alimentato la tanto discussa divisione in generi, in grado di separare in categorie ben precise le caratteristiche formali e contenutistiche ricorrenti in una tendenza cinematografica.
Tuttavia, ciò che inizialmente fu concepito come un mero sistema per fornire coordinate profilmiche più riconoscibili, nel corso degli anni è stato inquinato da una distorta gerarchia qualitativa. Questa gerarchia, inizialmente creata dalla critica, è stata poi assimilata e alimentata dal pubblico, che ha iniziato ad associare alcuni generi a un particolare livello di qualità e importanza
Nel 2022 X: A Sexy Horror Story – primo capitolo della trilogia ormai completata con MaXXXine – attraverso un tanto semplice ma raffinato esercizio meta cinematografico, aveva brillantemente affrontato il tema del pregiudizio mal riposto di cinefili, stampa specializzata e immaginario collettivo nei confronti di alcuni generi. La nobiltà contenutistica di questi generi viene tuttora contestata sulla base di pregiudizi privi di reali fondamenti teorici.
Una manciata di mesi dopo fece il suo debutto nelle sale il conturbante Pearl (2023 in Italia) con cui Ti West e Mia Goth portarono all’estremo alcuni dei presupposti poetici introdotti nel primo capitolo di quella che, con l’imminente distribuzione di MaXXXine, diverrà una delle trilogie più riuscite di sempre.
Ricusando con convinzione l’appartenenza della trilogia ad un genere specifico, la linea editoriale di questa terza iterazione risulta squisitamente in linea con quanto comunicato in precedenza, visto il plateale straniamento nei confronti del genere horror, che aveva permeato con convinzione i primi due capitoli.
Dagli espliciti riferimenti ai caposaldi del genere horror – mai stucchevoli o realmente essenziali per la comprensione del testo filmico, il quale è costantemente dotato di una preziosa indipendenza contenutistica – Ti West vira con convinzione in direzione del cinema thriller, dal quale preleva gran parte delle velleità formali e della struttura narrativa.
Anche in questo caso il regista classe 1980 non può che impostare regia e sceneggiatura intorno alle prorompenti qualità della propria star, il cui talento e carisma difficilmente vengono carpiti con efficacia da una sola MDP (macchina da presa).
Risulta infatti piuttosto ostico definire in una manciata di righe il potenziale espressivo di una delle giovani attrici più magnetiche dell’odierno panorama cinematografico, che in questo caso, a differenza di quanto avvenuto in precedenza, emerge con vigore come l’elemento più riuscito della produzione.
Se nel caso di Pearl e X: A Sexy Horror Story la figura di Mia Goth emergeva congiuntamente alla scrittura del film, a questo giro la sensazione è che sia più la stoffa della classe ’93 – e dunque l’abilità del regista nel valorizzarne le doti recitative – a spiegare l’efficacia del lungometraggio.
Si tratta infatti di un prodotto che non gode della medesima compiutezza dei predecessori, probabilmente a causa delle crescenti aspettative nutrite nei confronti di un lungometraggio che avrebbe dovuto rappresentare la summa di una saga e, di conseguenza, il raggiungimento di una più vasta fetta di pubblico.
Ecco dunque che Ti West e colleghi scelgono di intraprendere la strada della quantità che, come ben noto, difficilmente coincide con quella della qualità. Non fraintendeteci… il film mantiene gelosamente gran parte delle squisite peculiarità conquistate nei primi due capitoli, tuttavia la gran parte dei tentativi compiuti per evolvere la formula precedente risulta poco efficace.
Al netto delle riserve da noi nutrite nei confronti dell’illusoria e mal compiuta evoluzione della ricetta precedentemente collaudata, MaXXXine può contare su diverse virtù. Queste includono una componente formale sostanzialmente impeccabile e lo straripante talento di un’interprete in grado di sostenere in solitaria l’attrattiva di un prodotto indubbiamente meno puntuale e solido rispetto ai propri precedenti, ma appare complicato non riconoscere dei meriti sempre più preziosi e saltuari all’interno dell’odierno panorama del cinema concepito per le masse.