McVeigh recensione film di Mike Ott con Alfie Allen, Brett Gelman e Ashley Benson [RoFF19]
C’è qualcosa di interessante nel sperimentare la convinzione, tutta americana, dell’universalità della storia degli Stati Uniti. Non dubitiamo che, nella mente di qualcuno nato al di fuori di quel territorio, in qualche “cassetto” polveroso si nasconda il ricordo dell’attentato di Oklahoma City del 1995 o dell’assedio di Waco. Tuttavia, possiamo affermare con una certa tranquillità che questi individui rappresentano una minoranza.
Eppure ci troviamo di fronte a un film come McVeigh, dove tutto sembra dato per scontato (perché, ovviamente, la storia americana deve per forza essere incastonata nella memoria collettiva globale, no?).
Il film di Mike Ott segue un frammento della vita di Timothy McVeigh (interpretato da Alfie Allen), precisamente il periodo che precede l’attuazione dell’attentato di Oklahoma City. Il regista ci mostra la preparazione di questo efferato atto disumano, sia sul piano pratico che mentale. Non si esime dal tentativo di esplorare la psiche del terrorista domestico, mostrando anche le sue reazioni al mondo che lo circonda.
La pellicola cerca quindi di dare spessore a questo personaggio schivo, che mente sulla propria identità e nasconde un risentimento e una furia cieca che fanno accapponare la pelle. Questo aspetto emerge chiaramente nell’interpretazione di Allen, nel suo sguardo perso in oscuri pensieri (ovviamente, preclusi allo spettatore), ma non è abbastanza.
Audiovisivamente, McVeigh è un’opera scarna, forse volutamente, ma mancano fin troppi elementi per sfruttare questa mancanza in un punto di forza. E cosa rimane del film? Poco altro. Un paio di sguardi taglienti, qualche inquadratura introspettiva, ma niente che esca dalla pellicola e catturi realmente l’attenzione. Nulla spicca fino al finale, insipido e privo di mordente (forse per rispetto nei confronti delle vittime? Non è dato saperlo).
Tutto rimane non detto, non specificato, occultato, incluso l’intento del film. Questo conduce inevitabilmente in una sola direzione: il disinteresse.