Moving On recensione film di Yoon Dan-bi con Choi Jung-un, Yang Heung-ju, Park Hyeon-yeong e Park Seung-jun in concorso al Torino Film Festival 38
Crescere, cambiare, invecchiare, vivere: è un film sul fluire del tempo Moving On, opera prima della regista sudcoreana Dan-bi Yoon presentata in concorso al Torino Film Festival. Una storia familiare sulla quotidianità, sui piccoli avvenimenti, sulla routine che è piena di significati e di momenti che, sebbene non memorabili, scandiscono le fasi dell’esistenza. Inizia tutto con un trasloco: Byunggi e i suoi figli Okju e Dongju si trasferiscono nella casa del nonno, malato e per questo bisognoso di cure.
Il cambiamento mette in difficoltà inizialmente soprattutto la giovane Okju, che non riesce ad abituarsi al nuovo stile di vita. È lei il centro narrativo per buona parte del film: vediamo quello che succede attraverso i suoi occhi e lo filtriamo per mezzo della sua sensibilità.
Gradualmente entriamo a far parte della famiglia, a capire le dinamiche e gli equilibri (o disequilibri) esterni.
La regista Dan-bi Yoon ci inserisce con sensibilità in un racconto che procede sui binari dell’ordinario. Nessun eccesso visionario, nessuna forzatura onirica, persino gli scontri tra fratelli appaiono estremamente realistici. Più che ai connazionali Bong Joon-ho e Park Chan-wook, il suo è un cinema che sembra guardare alla pietas familiare di Yasujirō Ozu o di Kore-eda Hirokazu. Sono pochi, ma molto significativi, gli eventi che segnano il percorso. E il film sceglie quasi di non caricarli, di non dare una grande importanza, mettendosi completamente al servizio dei personaggi e del loro approfondimento psicologico.
Ne emerge un ritratto familiare con luci e ombre. Si crea nel corso della narrazione un legame molto forte tra il nonno e i due nipoti, un rapporto fatto quasi esclusivamente di sguardi, di comprensione e di rispetto. L’arrivo della zia contribuisce ad alimentare il calore all’interno del focolare domestico, grazie alla sua impetuosità trascinante. In un contesto che sembra idilliaco, è il personaggio di Okju a rappresentare l’eccezione. Insicura, triste, continuamente annoiata, porta le scorie di una relazione irrisolta con la madre, che ha abbandonato il padre e si è rifatta una vita. L’unità della famiglia di sangue si contrappone infatti alla precarietà di quella allargata. Sia Byunggi che la sorella si stanno rimettendo in piedi dopo il fallimento della loro vita coniugale e cercano proprio nella casa paterna un porto sicuro da cui ripartire.
Moving On riesce a dire tutto questo lasciandolo sullo sfondo, accennandolo in qualche dialogo rubato e in una messa in scena elegante e mai fuori dalle righe. Forse, rispetto a un Ozu o a un Kore-eda manca l’attenzione ai dettagli, alla costruzione di un racconto che vive di ulteriori piani di lettura. Il film di Dan-bi Yoon ha però il pregio di smarcarsi dall’eccesso di stile, con la regista che si mette completamente al servizio della “normalità” della sua storia. In questo modo, si entra in empatia con quello che viene rappresentato e ci si rivede in alcuni passaggi chiave, come le cene insieme in allegria o le difficoltà nel capire le scelte di chi ci sta intorno.
Mantenendosi in equilibrio grazie a un ottimo lavoro di scrittura, Moving On è un esordio di sicuro interesse, in linea con una cinematografia come quella sudcoreana che si conferma tra le più importanti a livello mondiale (e l’Oscar a Parasite ne rappresenta la consacrazione). Una finestra su un mondo che, pur con le inevitabili differenze, ci ricorda quali siano i valori più importanti della società.