Nel mio nome recensione documentario di Nicolò Bassetti con Nicolò Sproccati, Leonardo Arpino, Raffaele Baldo, Andrea Ragno e Chiara Battistini
Nel mio nome è un documentario del 2022 diretto da Niccolò Bassetti, già noto per aver ideato Sacro GRA (altro documentario del 2013 vincitore del Leone d’Oro a Venezia) e deciso a raccontare una storia di transizioni perché ispirato dal percorso di suo figlio. Con lui, nelle vesti di produttori esecutivi, Elliot Page e Gaia Morrione.
Nel mio nome segue, per la durata di tre anni, la vita di quattro ragazzi andati incontro a un processo di transizione in momenti diversi delle proprie vite. Leo sembra essere la voce principale, ma a lui si uniscono Nico, Raff e Andrea nella creazione di una famiglia più che di un cast. Quattro persone con percorsi diversi, sì, ma paralleli. Leo e Andrea si commuovo un po’ quando ricordano un momento comune della loro infanzia, quando parlavano di un “Leo” e di un “Andrea” prima ancora che quei nomi appartenessero a loro.
Mai soli perché sempre affiancati da una famiglia, biologica prima (amata ma anche prigione involontaria) e scelta poi, i “fantastici quattro” danno vita a una narrazione tenera che introduce chi guarda a un mondo non necessariamente facile da comprendere dall’esterno, dal punto di vista privilegiato di chi nel suo corpo si è sempre sentito a casa.
“Sei maschio o sei femmina?” hanno chiesto a un giovanissimo Andrea a bordo vasca, in piscina, e lui da bambino non sapeva come rispondere perché le possibili risposte erano solo due e sarebbero state bugie entrambe.
Nico, già sposato e il più anziano del gruppo, ammette che non se la sentiva proprio di dare inizio al processo di transizione. Non prima di essere arrivato a un punto fermo, stabile e sicuro della sua vita. Anche se significava essere ancora a lungo una persona che non si sentiva più. Raff ama le biciclette, ama lo swing e prima sentiva di non poter amare il rosa. Prima era troppo uomo per essere una donna e ora sente di non essere uomo abbastanza per essere un uomo.
Il documentario, dalla durata di un’ora e mezza circa, è già stato presentato al Festival di Berlino di quest’anno nella sezione Panorama Dokumente e proiettato in una selezione di cinema, con la speranza che la pellicola venga riproposta anche in futuro.
Nel mio nome come documentario è affiancato da Nel mio nome – Il podcast, ideato e lavorato da Leo, già disponibile nel suo intero (cinque episodi dai titoli Su percorsi accidentati, Sguardi, Simili con simili, Talismani ed Esplosioni) sulle principali piattaforme.
Il podcast è una risorsa preziosa per un documentario che non ha purtroppo ancora usufruito di una distribuzione regolare e la cui visione potrebbe essere utile ai giovani.
Forse un po’ dilatato in alcuni punti, Nel mio nome scorre e cerca di insegnare in poco tempo quanto la comunità LGBTQ+ cerca di far passare e intendere da anni: che il mondo non è tutto bianco e nero (che forse, come dice Bassetti, “il mondo binario è obsoleto”) e nessuno è fuori posto. Nessuno lo è mai stato. Abbiamo tutti il diritto di sentirci a casa, di sentirci accolti.