No Time to Die recensione film di Cary Joji Fukunaga con Daniel Craig, Rami Malek, Ana de Armas, Léa Seydoux, Lashana Lynch e Ralph Fiennes
Congelato, rimandato due volte: è giunto finalmente il momento di No Time to Die, in assoluto uno dei film più attesi da un anno e mezzo a questa parte. È lo stesso Daniel Craig a presentare il 25esimo capitolo della saga di James Bond, ringraziando il pubblico per la pazienza e soffermandosi sull’importanza di questa visione all’interno della sala, il luogo per elezione per chi ama il cinema.
Girata tra Giamaica, Norvegia, Regno Unito, Puglia e Matera, la nuova avventura di Bond arriva a chiudere un ciclo, dicendo addio a Daniel Craig e aprendosi a una serie di sviluppi che potrebbero, già a partire dal prossimo film, rivoluzionare il franchise, se non proprio negli elementi tipici almeno nelle atmosfere. Cary Joji Fukunaga raccoglie uno scettro pesante da Sam Mendes, che con Skyfall e Spectre aveva dimostrato di guardare al “genere” con un occhio diverso, più da autore.
No Time to Die si muove in buona continuità con i precedenti capitoli, aprendosi con il (presunto) ritiro dalle scene di James Bond e una spettacolare sequenza di azione ambientata a Matera. Gli elementi sono quelli di sempre, adeguati ai continui cambi sociali che stiamo vivendo.
Non volendo rovinare la sorpresa a chi legge, ci limitiamo a segnalare almeno un paio di colpi di scena interessanti che vanno nella direzione proprio di quel mutamento di cui sopra. La componente action è persino più marcata rispetto al passato e questo è dovuto anche alla durata monstre, che comporta un susseguirsi di cambi narrativi che vanno a comporre piccoli film nel film.
In alcuni momenti, va detto, si avverte la sensazione di un’eccessiva diluizione degli avvenimenti. Nel complesso, però, Fukunaga riesce a mantenere l’attenzione grazie a un sapiente dosaggio della suspense, una buona costruzione delle sequenze e un interesse, non scontato, anche verso i personaggi secondari.
No Time to Die molto probabilmente sarà ricordato, oltre che per le tristi sorti distributive, per il suo ruolo di chiusura di un cerchio. Come Casino Royale aveva segnato una sorta di rilancio delle vicende dell’agente segreto di Sua Maestà, il 25esimo capitolo tira le fila di un discorso che ha inevitabilmente trasferito il personaggio di Ian Fleming nella contemporaneità. Che cosa ci attenderà dopo? Il film di Fukunaga dissemina una serie di indizi che potrebbero rappresentare una rottura rispetto al passato, pur mantenendo una certa continuità con gli archetipi di questo immaginario. La chiusura è per certi versi epocale, nonostante rimescoli alcuni degli elementi di un modo di fare cinema d’antan: l’eroismo, l’afflato epico e la ricerca insistita della commozione.
No Time to Die si ferma quindi a un passo dalla rivoluzione, prova ad accennare alcuni cambiamenti, si crogiola nelle certezze del passato, si affida completamente a un Daniel Craig che è ormai tutt’uno con James Bond, crea sequenze spettacolari in ambienti magnifici. Eppure la vitalità del film sta tutta in quegli accenni, nelle possibilità solamente suggerite, negli spunti che potranno (o meno) essere colti. A quasi settant’anni di distanza dalla sua creazione e a sessanta dal primo capitolo, sorprende come ci sia ancora molto da dire su un personaggio che, a suo modo, ha subito un’evoluzione in contemporanea con quella del cinema. Lo abbiamo aspettato tanto e, tutto sommato, ne è valsa la pena.