Noi: intervista a Lino Guanciale, Aurora Ruffino, Luca Ribuoli, Sandro Petraglia, agli interpreti, autori e produttori Rai Fiction e Cattleya della serie TV Rai in occasione dell’uscita del remake italiano di This Is Us
Abbiamo avuto il piacere di incontrare i talent, gli autori e i produttori di Noi, la nuova serie Rai, produzione Cattleya in collaborazione con Rai Fiction, adattamento italiano dell’amatissima e pluripremiata serie statunitense This Is Us di Dan Fogelman, che andrà in onda in prima serata su Rai 1 a partire da domenica 6 marzo per sei serate.
In compagnia degli interpreti Lino Guanciale, Aurora Ruffino, Dario Aita, Claudia Marsicano e Livio Kone, di Maria Pia Ammirati e Ivan Carlei rispettivamente Direttore e Vice Direttore di Rai Fiction, Riccardo Tozzi fondatore e CEO di Cattleya, del regista Luca Ribuoli e dello sceneggiatore Sandro Petraglia abbiamo esplorato il viaggio appassionante e coinvolgente della famiglia Peirò realizzato attraverso la famiglia Rai, Rai Fiction, Cattleya e i talent scelti che ha hanno trasposto il successo internazionale di This Is Us per il piccolo schermo italiano.
Noi: intervista a Lino Guanciale, Aurora Ruffino, Luca Ribuoli, Sandro Petraglia, Dario Aita, Claudia Marsicano, Livio Kone e agli autori e produttori della serie Rai
Ivan Carlei, Riccardo Tozzi: Qual è stata la difficoltà di trasporre un successo americano come This Is Us in Italia?
Ivan Carlei: La difficoltà principale è stata quella di realizzare un nuovo family drama che potesse mordere sulla realtà e rappresentarla, attraverso un meccanismo narrativo ad orologeria che era già stato adattato dal contesto americano, proponendo una grandissima saga di sentimenti familiari con il nostro Paese sullo sfondo.
Riccardo Tozzi: Attraverso una italianizzazione molto profonda nella scrittura, che nell’arco di quarant’anni della nostra storia spinge i protagonisti a guardarsi indietro per capire dove stanno andando, abbiamo realizzato una serie italiana calda ed intensa.
Sandro Petraglia: Quanto è difficile adattare un prodotto seriale già definito?
Sandro Petraglia: This Is Us ha avuto il coraggio di raccontare una storia familiare e generazionale alternando passato, presente e fasce di racconto intermedie chiedendo allo spettatore di entrare all’interno di una meccanismo all’apparenza complicato, ma che permette alla narrazione di procedere sempre per scene principali, senza “scene di servizio”, tra dramma, ironia, felicità domestica, mostrandoci il cambiamento attraverso personaggi sempre in movimento che affrontano sfide sempre diverse.
Abbiamo condensato diciotto episodi in dodici, affrontando problemi di abbondanza, eliminando la retorica americana e alcune situazioni ridondanti.
Luca Ribuoli: Noi è una serie complessa e articolata su diversi flussi temporali, con il Paese e il tratto storico sullo sfondo. Come hai affrontato questa sfida?
Luca Ribuoli: È stato fondamentale poterci sempre fidare del testo. Noi è stata una salita pazzesca rispetto alle serie originali, abbiamo approcciato il testo sintonizzandoci con il progetto originale e calandoci dentro senza cercare di fare qualcosa di diverso o migliore, ma rendendolo un racconto italiano. Agli attori la responsabilità di immergersi nelle emozioni andando a toccare così profondamente le emozioni delle loro esistenze, con i protagonisti, tre gemelli, che decidono di cambiare e trovano il coraggio di farlo. Se il pubblico troverà il coraggio di agganciarsi a questi personaggi sarà impossibile mollarli.
Aurora Ruffino, Lino Guanciale: Come avete affrontato questa avventura?
Aurora Ruffino: Luca Ribuoli è un regista eccezionale, ci ha donato la sua professionalità, il suo amore, la sua passione. Prima ancora di fare i provini per questo ruolo ero già una fan sfegatata di This Is Us. L’emozione e la felicità immensa si sono poi trasformate in panico per i dubbi nell’essere in grado di interpretare un ruolo così importante tratto dalla mia serie preferita. Ho cercato di non pensare più alla serie americana ma di concentrarmi sul fatto al fatto sarebbe stato un progetto italiano, come altri remake che vengono realizzati costantemente nel cinema e a teatro.
Spero che il pubblico riesca a separare la serie americana da quella italiana e che ci sostenga e possa innamorarsene.
Lino Guanciale: Trovo che Mille stelle di Nada e Andrea Ferri sia perfetta per accompagnare la nostra serie. Noi è un lavoro di grande intimità, ogni parte è integrata con le altre, la direzione che si stava prendendo per l’adattamento italiano mi ha convinto a partecipare, non ho temuto di sentirmi inadeguato per questo lavoro.
This Is Us è un grande classico della televisione mondiale e a mio avviso ha senso leggere noi stessi attraverso lo specchio di un classico che viene dagli Stati Uniti. La presenza di Luca Ribuoli e Aurora Ruffino, con cui avevo già lavorato, mi ha convinto a partecipare al progetto. Abbiamo lottato utopicamente contro la retorica del sentimentalismo, tenendocene alla larga e cercando di realizzare un prodotto onesto e sincero.
Lino Guanciale: Qual è il tratto del tuo personaggio che più ti ha affascinato ed intrigato? Sei il nuovo re della fiction, ma qual è il tuo legame oggi con il teatro?
Lino Guanciale: Pietro è un personaggio già forte nell’originale, ma con la prossimità si arricchisce dall’avere ognuno di noi delle memorie familiari che questa serie fa scattare. Pietro decide di dedicarsi ad un progetto che lo sconvolge e a cui vuole dare un senso: costruire una famiglia con la persona di cui è innamorato. Questa purezza di intenti è un qualcosa in cui è bello riconoscersi, ed è bello vedere quando e quanto si è pronti a tutto per realizzarlo.
Sono molto fortunato, attori di enorme qualità sono a casa da due anni e mezzo a causa della pandemia. Lo spettacolo teatrale con cui sono in prova al Piccolo, Zoo, è un triangolo amoroso tra uno scrittore, una veterinaria e un gorilla.
Uno la fortuna deve anche cercare di meritarsela. Il teatro non è rifugio, è casa, può farti stare bene, male, puoi sentire il bisogno di tornarci ciclicamente. Io sento il bisogno di tornarci perché serve a me. Quindi anni di carriera nel cinema e nella televisione di qualità mi hanno aiutato a migliorare anche in teatro.
Qual è lo stato della serialità italiana nel mondo e quali sono i prodotti con maggiore richiesta sul mercato internazionale?
Maria Pia Ammirati: Non si va soltanto verso gli adattamenti, come Vostro onore – Your Honor (a sua volta remake di una produzione di Israele) e This Is Us, si va verso il cercare di cogliere tutte le possibilità, tutti i formati e i generi, compresi gli adattamenti, i titoli originali e quelli tratti dai romanzi.
La strada da seguire è quella di saper fare tutto, la serialità è diventata la regina dei contenuti in questa fase storica, a noi tocca saper sperimentare e realizzare versioni tutte nostre, come Noi, trovando il consenso verso un family drama all’italiana che però parla a tutti quindi è universale ed esportabile.
Riccardo Tozzi: È un momento di grande salute per la serialità italiana, non c’è mai stata una situazione del genere. Oggi esportiamo i nostri prodotti per oltre 100 milioni di euro di vendite internazionali, non è mai accaduto prima.
Le serie italiane circolano come non erano mai circolate prima, l’internazionalizzazione del mercato ha democratizzato la distribuzione della serialità, anche della serialità giornalista, come Doc – Nelle tue mani che è prima in Francia per ascolti, abbattendo anche i limiti linguistici di un tempo, come accaduto per L’amica geniale che è già di per sé una co-produzione internazionale. Quest’anno nei primi venti ascolti della serialità generalista 19 prodotti su 20 sono italiani, quasi tutti Rai.
Lino Guanciale: Cosa ti ha colpito in particolare di This Is Us e del tuo personaggio nella versione americana?
Lino Guanciale: Mi ha conquistato il dispositivo drammaturgico della scrittura per la regola di andare avanti, indietro, con scarti intermedi, i personaggi diventano bacini inesauribili e possono rivedersi nello specchio a distanza di tempo, rinnovando così il genere del family drama che era in crisi sia all’estero che in Italia.
Pietro è il padre che chiunque avrebbe voluto avere e che chiunque vorrebbe essere, al netto della sua fragilità. Lo era nella scrittura e lo è diventato sul set, i nostri personaggi sono davvero imperfetti e resi con la massima onestà possibile tra punti di rottura e fragilità. Luca Ribuoli è stato bravissimo a tenere insieme i pezzi, mostrando quanto personaggi archetipi di positività siano invece difettosi.
Lino Guanciale, Aurora Ruffino: Qual è stato il vostro feeling nel lavorare insieme?
Aurora Ruffino: Lino l’ho scoperto in questo lavoro, ci eravamo incontrati su un altro set ma non eravamo riusciti a conoscerci. È stato tutto molto naturale tra noi, raccontare una storia d’amore come quella tra Pietro e Rebecca, così intensa, forte e complice era difficile da ricreare. Lino per me è stato una sorpresa, ci siamo da subito presi ed è nata una complicità inaspettata. È un grandissimo attore e la sua migliore qualità è l’essere generoso, cerca sempre di tirare fuori il meglio dai suoi compagni e da chi gli sta vicino.
Tutto quello che si vive in questa serie è talmente forte che ti sconvolge dentro, alla fine in me stessa l’amore ha prevalso sulla paura del dolore, vivere il tema della maternità è stato incredibilmente forte come donna e non solo come attrice.
Lino Guanciale: Mi sono riconosciuto con addosso vestiti e tagli di capelli che ho preso in giro mille volte a mio padre. Noi siamo stati anche questo, il fatto che io mi riconosca con un taglio di capelli alla Mal dei Primitives racconta, a di là del mio smarrimento esistenziale, che riguarda tutti noi questa storia.
Lino Guanciale: Quanto è stato difficile interpretare in termini emotivi un personaggio che affronta così tanti salti temporali, tra scelte, situazioni, prove affrontate? A quale frase sei rimasto legato?
Lino Guanciale: È facile quando ti ritrovi a lavorare con colleghi così capaci. Certe cose, anche sul set, ti cadono addosso e devi organizzarti per trovare le risposte che non sai.
Per quanto riguarda la frase è proprio legata a questo stato d’animo: “Io l’ho cercato in libreria il manuale per diventare genitori. Non l’ho trovato.”
Sul set mi sono ritrovato anche a cambiare per la prima volta un pannolino, in una situazione non semplice mentre Rebecca sgrida Pietro. Fortunatamente la neonata è stata buonissima, ad un certo punto ho pensato si trattasse di un bambola.
Dario Aita, Claudia Marsicano, Livio Kone: Com’è nato il feeling tra i vostri personaggi?
Claudia Marsicano: Per me è stato molto naturale, tra di noi è nato un feeling surreale e ho superato i miei pregiudizi verso il set cinematografico, visto che provengo dal teatro.
Dario Aita: Grazie alle mie esperienze con Luca Ribuoli ho subito capito che avremmo saputo creare la giusta sintonia, Claudia si è presa tremendamente cura di me durante le riprese e devo ringraziarla.
Livio Kone: Prima di iniziare le riprese ero molto teso, agitato ed ansiolitico, Daniele Peirò è il mio primo ruolo da protagonista e questa cosa mi dava molta ansia. Costruire questa intimità e fratellanza sul set mi ha aiutato molto e mi ha dato le giuste emozioni per approcciare il set, sapendo che di fianco a me avevo delle persone fantastiche, una vera famiglia sia dentro il set che fuori.
Lino Guanciale, Aurora Ruffino: Cosa avete preso dai personaggi originali e cosa avete aggiunto? Quanto è attuale Noi nella sua rappresentazione dell’amore, nel mostrare tre figli incompleti ed infelici?
Aurora Ruffino: Per me Rebecca è stato un viaggio pazzesco in un arco temporale di quasi quarant’anni, un’occasione unica e forse irripetibile nella vita di interpretare e conoscere a 360 gradi un personaggio che ho avuto la possibilità di vivermi per un periodo così lungo. Mi sono approcciata a Rebecca con l’idea di interpretare quattro donne diverse, che per ogni fase ha differenti urgenze, priorità, desideri. Parte dal rifiuto del modello di madre e moglie che sogna di viaggiare fino all’incontrare la sincerità e la verità in Pietro. Si riscoprirà madre amorevole e fin troppo protettiva che va in crisi proprio nel momento in cui si sgancia dalla figura materna, quando i figli ormai grandi non hanno più bisogno di lei.
Lino Guanciale: Questo racconto sfugge all’equazione “se c’è l’amore c’è la felicità”.
Noi ha molto a che vedere con ciò ce mi lascia Pietro, Pietro e Rebecca possono ricordare se stessi, i propri genitori, i propri nonni. Mio nonno era molto normativo nel darti i valori sui quali fondare la tua vita. Pietro non è così, basa il suo comportamento sull’ascolto e sullo stare al fianco dei figli attraverso quell’istinto che sia chiama amore, consentendo che possano commettere degli sbagli.
Lino Guanciale, Aurora Ruffino: Cos’è la famiglia per voi e cosa rappresenta nella vostra vita?
Aurora Ruffino: Per me la famiglia è restare uniti nonostante tutto, la capacità di non perdersi e la forza di riuscire ad accettare ed accogliere tutte le situazioni che succedono, affrontando i momenti difficili attraverso l’ascolto e il trovare le soluzioni insieme.
Lino Guanciale: La famiglia è una cosa di cui non ti liberi mai, nel bene e del male, poi sta a te decidere cosa farne del bene e del male che ti dà. Anche le nostre famiglie, sia funzionali che disfunzionali, ci hanno permesso di vivere i rapporti tra noi attraverso un filtro emotivo. Davanti alla famiglia sei sempre nudo, poi sta a te stesso e alla tua famiglia trovarti e farti sentire a tuo agio o meno.