Non credo in niente recensione film di Alessandro Marzullo con Demetra Bellina, Giuseppe Cristiano, Renata Malinconico, Mario Russo, Lorenzo Lazzarini, Gabriel Montesi, Antonio Orlando e Jun Ichikawa
Cosa unisce quattro ragazzi sullo sfondo notturno di una Roma degradata? Cosa succede ai giovani che si ritrovano alla soglia dei trent’anni senza una meta, un obiettivo, una prospettiva di vita?
Sembra ovvia la risposta: le scelte compiute sono sbagliate e si sprofonda nell’abisso del disagio esistenziale, nel passivo malessere di non saper dare una certezza, di lasciarsi trasportare dagli istinti aggressivi o di trovare a stento un momento di benessere fisico che amplifica la sensazione piuttosto che attenuarla. Nessuno trova soddisfazione in ciò che porta avanti, attanagliato com’è nell’insofferenza di rimanere incastrato e non uscirne vivi. È la vita di tutti i giorni che si scontra con la realtà inconsistente, con un futuro a porte chiuse. Giovani ragazzi, a metà tra il sentirsi ancora adolescenti alla ricerca di nuove esperienze e il diventare adulti con responsabilità a carico, che soffocano nel mondo contemporaneo. Senza una gioia, un sorriso, una parola di conforto. Il pessimismo prende il sopravvento sull’ottimismo. Ma può esserci qualcosa che accomuna quattro ragazzi che condividono la stessa sofferenza? C’è, eccome: una sosta nel cuore della notte in un paninaro romano che offre cibo e assistenza psicologica.
Non si incontrano mai ma sanno dove trovare rifugio per liberarsi dalle proprie oppressioni che impediscono di accendere il motore della vita (vi ricorda qualcosa The Place, 2017 di Paolo Genovese?). È il paninaro-profeta (Lorenzo Lazzarini) a comprendere, ad ascoltare, a dare consigli tra una sigaretta, una bottiglia di birra e il suo accento romanaccio rimarcato in quelle notti senza fine in Non credo in niente.
Ragazzi che litigano, fanno pace, si divertono, ballano perché il rumore alto della musica non lascia spazio ai pensieri, e bevono la loro dose quotidiana di cinismo mescolato all’alcool liscio senza ghiaccio. Ragazzi che vagano nelle loro fragilità che diventano ossessioni deprimenti. Ma non quando il paninaro offre loro un cibo diverso, rompendo il bicchiere di veleno e assaporando le tante parole rassicuranti. È lì, in quel luogo desolato e illuminato da una luce diversa, che esiste la chiave per aprire la porta della fiducia. Ma fiducia in cosa? Nella vita? Nella speranza che qualcuno noti il talento di un musicista? Nella possibilità di immaginare un avvenire differente tentando altre strade?
Fiducia in se stessi. Nelle proprie capacità. Riconoscenti nel credere che la speranza si trasformi in realtà dei fatti per intravedere un nuovo orizzonte. Non credo in niente, esordio alla regia di Alessandro Marzullo presentato in anteprima alla 59ª Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, è un film a tinte oscure velate da battute comiche che confida in una plausibile soluzione risolutrice, tra i tanti difetti e i lunghi silenzi che a volte valgono più di mille parole. Non importa quanto sia biforcato il bivio della vita. E girato in modo innovativo allontanandosi dagli stilemi tradizionali, con l’effetto finale di una fotografia grezza e un cast d’eccezione degno di nota e di successi alle spalle.