Nonostante recensione film di Valerio Mastandrea con Laura Morante, Dolores Fonzi, Lino Musella, Giorgio Montanini, Justin Alexander Korovkin, Barbara Ronchi e Luca Lionello
È il film Nonostante di Valerio Mastandrea ad aprire ufficialmente la sezione Orizzonti dell’81esimo Festival Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Dopo l’esordio alla regia nel 2018 con Ride, il regista e attore romano si cimenta ora con la direzione e l’interpretazione di una storia che lui stesso dichiara di voler condividere col pubblico da tanto tempo.
Tutti noi infatti probabilmente ci siamo chiesti almeno una volta nella vita cosa succede quando viene varcato il limite dell’esistenza, quello che ci separa tra la vita e la morte. Il film di Valerio Mastandrea si assume il rischio di raccontare questo difficile percorso attraverso la storia del proprio personaggio principale.
Il protagonista (Valerio Mastandrea) è un paziente ricoverato da tempo in ospedale in stato di coma a causa di un brutto incidente, che si è ormai rassegnato a una vita nel limbo senza troppe preoccupazioni e lontana dagli imprevisti della vita esterna, una dimensione sicura e alienante che scambia per libertà e nelle quale ha trovato la sua felicità. Egli trascorre le proprie giornate all’interno delle mura ospedaliere in compagnia di altri pazienti, ormai diventati suoi amici, che lottano anch’essi tra la vita e la morte condividendo con loro i momenti della vita dell’ospedale. Tutto sembra scorrere ordinatamente, quando in reparto arriva una nuova paziente (Dolores Fonzi), una donna irrequieta vittima di un incidente stradale che non accetta la propria condizione e affronta la sua permanenza in ospedale con forza e determinazione speranzosa di poter presto tornare alla sua vita umana.
È così che l’equilibrio che ha sempre caratterizzato le giornate del protagonista subisce un brusco scossone che risulterà determinante nel vivere l’ultima parte della sua vita “ultraterrena”. Tra di loro si instaura un legame dapprima conflittuale dettato dalle loro profonde distanze di pensiero e azione, per poi trasformarsi in un’intensa quanto breve storia d’amore. Unico ostacolo? Qualora uno di loro dovesse risvegliarsi dal coma riappropriandosi del proprio corpo, tutti i ricordi della propria vita extracorporea non avranno più alcun valore svanendo nel nulla. È così che il protagonista comprende l’importanza del cogliere il soffio della vita in ogni attimo accogliendo il carico di energia e di emozioni che la donna gli regala quotidianamente.
La fotografia, velata e dai toni sbiaditi (oseremmo dire ospedalieri) contribuisce in parte allo scolorimento sia estetico che emozionale del film. L’impianto narrativo si fonda sul racconto di una storia d’amore e di amicizia ma soprattutto di riscoperta di sé tentando di renderci partecipi di una storia al limite dello scibile umano, risultando però manchevole di veri contenuti e strumenti che consentano di immedesimarsi con le condizioni dei personaggi e empatizzare con loro. La pellicola soffre infatti talvolta di mancanza di ritmo e la presenza di dialoghi vuoti che rallentano la narrazione ponendo una definitiva distanza tra il racconto e lo spettatore.
Nonostante è un’opera ambiziosa che si fonda su delle ottime premesse iniziali che non riescono però a svilupparsi ed emergere pienamente, dando la sensazione di non essere in grado di fornire sufficienti strumenti narrativi per comprendere e assimilare compiutamente la storia di speranza e resilienza che si cela tra i frame della pellicola.
